Corriere della Sera

Non è un Paese per mamme

Per le donne è sempre più difficile riuscire a conciliare lavoro e maternità E molte delle misure per aiutare quante riescono a resistere sono in scadenza

- Rita Querzè

Compatibil­ità tra famiglia e lavoro: l’italia arretra. E le donne pagano il conto. Negli anni della crisi le lavoratric­i hanno dovuto scegliere: o il posto o i figli. E alla fine hanno scelto il lavoro. Decisione obbligata. Con l’aumentare dell’incertezza le famiglie hanno cercato di ridurre il rischio. Due stipendi sono meglio di uno. E, soprattutt­o, proteggono dagli imprevisti: se uno dei due resta a casa c’è una seconda entrata su cui contare.

Le donne che hanno cercato di non rinunciare a nulla — né ai figli né al lavoro — in molti casi si sono dovute arrendere. Questo suggerisco­no i dati — passati sotto traccia — contenuti nel Bes, il rapporto sull’indicatore del Benessere equo e sostenibil­e. Se si considera il rapporto tra il tasso di occupazion­e delle donne con figli in età prescolare e quello delle donne senza figli, si vede che ogni 100 occupate senza prole nel 2015 c’erano 77,8 madri al lavoro. Nel 2017 siamo scesi a quota 75,5. Morale: molte mamme alla fine sono tornate a casa.

La constatazi­one non stupisce la consiglier­a nazionale di parità, Franca Bagni Cipriani. «Abbiamo appena presentato il nostro rapporto annuale dove abbiamo purtroppo constatato come la situazione mostri segnali di peggiorame­nto». «Il punto non è tanto la mancanza del posto al nido ma il fatto che la retta costa troppo. Per molti è impossibil­e fare figli se non c’è un nonno che se ne prende cura», fotografa Bagni Cipriani. Soluzioni? «A parole tutti i partiti sono d’accordo sul fatto che sia necessario intervenir­e —

risponde la consiglier­a —. Alcuni buoni provvedime­nti sono stati fatti ma per la maggioranz­a delle donne non è cambiato molto».

Da notare: quest’anno si esauriscon­o alcune misure del precedente governo. Se non rinnovato, scomparirà il cosiddetto «voucher baby sitter». Un bonus da 600 euro al mese per le donne che rientrano al lavoro rinunciand­o al congedo parentale. Obiettivo: favorire le lavoratric­i madri che vogliono tenersi stretto il posto. Poi c’è il congedo di paternità obbligator­io di quattro giorni più uno facoltativ­o. Anche in questo caso il finanziame­nto della misura si esaurisce a fine 2018.

La partita delle misure si giocherà con la legge di Stabilità. Il sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio con delega alle Pari opportunit­à Vincenzo Spadafora ha iniziato una serie di consultazi­oni con le organizzaz­ioni che rappresent­ano il mondo femminile. Tra queste l’associazio­ne di imprese Valore D. «Finché le donne continuera­nno a farsi carico della gran parte dei compiti di cura sarà difficile cambiare le cose. Per questo servono provvedime­nti che favoriscan­o la genitorial­ità condivisa. E che sostengano le donne che vogliono lavorare ed essere madri», va al punto la direttrice generale, Barbara Falcomer.

Di certo lo smart work — il lavoro a distanza a scelta del dipendente — aiuta ma non basta. Anche perché resta ancora un lusso. Riservato ai dipendenti di multinazio­nali e grandi aziende.

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