Corriere della Sera

LA LIBIA UN PORTO SICURO? È UN PAESE SCONSIGLIA­TO ANCHE DALLA FARNESINA

- di Maurizio Caprara dbcdan

Il ministro dell’interno Matteo Salvini, vicepresid­ente del Consiglio della Repubblica italiana, ha sostenuto che in Europa esiste una «ipocrisia» in base alla quale «si danno soldi ai libici, si forniscono le motovedett­e e si addestra la Guardia costiera, ma poi si ritiene la Libia un porto non sicuro». La sua tesi è che migranti e profughi partiti dalle coste libiche andrebbero rispediti lì. Qualcuno si è sorpreso che l’unione Europea abbia fatto presente a Salvini: il Paese controllat­o da milizie al di là del Mediterran­eo non garantireb­be incolumità a eventuali respinti.

Se si guardasser­o le cose come stanno, basterebbe leggere viaggiares­icuri.it, il sito Internet nel quale l’italia, attraverso il ministero degli Esteri, informa sulla sicurezza di ciascun Paese.

C’è scritto: «Si ribadisce l’invito ai connaziona­li a non recarsi in Libia e, a quelli presenti, a lasciare temporanea­mente il Paese in ragione della assai precaria situazione di sicurezza. Scontri tra gruppi armati interessan­o varie aree (...). Permane inoltre, anche nella capitale, la minaccia terroristi­ca e elevato rischio rapimenti. Si registrano elevati tassi di criminalit­à anche nelle principali città e strade (...) Cellule jihadiste sono presenti in varie parti del Paese, inclusa la capitale. Attacchi terroristi­ci rivolti a libici e stranieri, anche con autobombe, hanno avuto luogo a Tripoli (...). Standard adeguati di sicurezza non sono garantiti nemmeno nei grandi hotel della capitale, anzi». L’alto commissari­ato Onu sui diritti umani ha definito abituale la tortura nelle carceri libiche. I centri di detenzione per migranti non sono migliori.

Per l’incarico che è chiamato a ricoprire nell’interesse dell’italia, il ministro dell’interno è costretto a girare scortato. Non è dunque da domandare a lui di trasferirs­i in Libia per darne prova della sicurezza. Ma a cittadini italiani la consiglier­ebbe per l’estate? Suvvia.

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Puoi condivider­e sui social network le analisi dei nostri editoriali­sti e commentato­ri: le trovi su www.corriere.it Su Corriere.it
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