Faye Jarvis, l’irlanda e i bambini rubati
Sono storie terribili quelle dei bambini nati fuori dal «vincolo matrimoniale» che furono strappati alle loro madri in Irlanda e poi consegnati a genitori adottivi, falsificando identità e documenti, dopo una crudele prigionia all’interno di istituti religiosi. Le hanno raccontate, queste storie, anche film come Philomena, con una Judy Dench lontana mille miglia dalla malvagità «laica» che esibisce in Diario di uno scandalo.
E le «case» dove le ragazze «perdute» venivano usate dalle suore come lavandaie in una sorta di schiavismo moderno? Le abbiamo viste in Magdalene, premiato con il Leone d’oro a Venezia. Film, ma anche molti libri. Ne ricordiamo uno, Dove è sempre notte, che John Banville (con lo pseudonimo di Benjamin Black) ha dedicato ad una vittima di quella epoca. Sono il segno che la ferita rimane aperta. Non è certamente un caso che il governo di Dublino abbia recentemente costituito la «Mother and Baby Homes Commission of Investigation» per indagare sulle pagine oscure di quel passato recente. Per fortuna c’è chi lavora perché il maggior numero di casi venga definitivamente alla luce. Tra loro, Faye Jarvis.
Avvocatessa specializzata in diritto previdenziale nello studio legale internazionale Hogan Lovells, Jarvis dirige un gruppo di colleghi (sono sessantanove e hanno contribuito finora con 3.600 ore di lavoro non pagate) che raccolgono le testimonianze da sottoporre alla commissione. È stata lei a riferire al Financial Times del suo incontro con una donna che, dopo essere rimasta incinta, venne rinchiusa alla fine degli anni Sessanta in una «casa»: nome falso, visite proibite, scarse cure mediche tanto per lei quanto per il figlio che le fu portato via. «Non ho mai capito — ha osservato — come si possa essere così crudeli».
Finora, sottolinea il quotidiano britannico, sono stati completati settantacinque dossier: una proporzione piccola, purtroppo, tenendo conto che sarebbero circa settantamila le donne e i bambini transitati in diciotto istituti diversi. Numerosi testimoni, infatti, rinunciano. Hanno l’orrore di ricordare. È difficile liberarsi da quello che proprio John Banville ha definito «il potere sulle anime». Serve l’aiuto di Faye Jarvis.