Corriere della Sera

«Il fuoco ci inseguiva Salvi grazie al mare Sembrava Pompei»

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L’odore nero del fumo, la luce ustionante delle fiamme. Kostas Laganos ce li ha ancora nel naso, negli occhi, sui vestiti, e chissà quando se ne andranno. Può raccontarl­i perché è ancora vivo e ha qualcosa da ringraziar­e: «Il mare. È lì che siamo scappati, il fuoco ci ha inseguito fino in acqua». Gli alberi e le case erano il combustibi­le, il vento un lanciafiam­me. «Ci ha bruciato la schiena, ho pensato: “Mio Dio, dobbiamo fare qualcosa”, e ci siamo tuffati in acqua». Da lì Kostas ha voltato lo sguardo indietro, verso il mostro di fuoco che stava inghiotten­do la costa: «Sembrava Pompei durante l’eruzione del Vesuvio», racconta alla Reuters alle prime luci dell’alba, finalmente asciutto, salvo ma terrorizza­to. «È stato terribile. Terribile».

La località di Mati, racconta una donna, «non esiste più». Non sono in molti a poter testimonia­re cosa sia successo lì. La vicina Rafina è in ginocchio, devastata. I suoi abitanti, soprattutt­o anziani e bambini in vacanza, hanno cercato rifugio in acqua. Le barche dei soccorsi ne hanno recuperati più di 700, fradici ma vivi. «Ci siamo ammassati l’uno sull’altro, sembravamo una colonia d’api», racconta una signora col viso scottato. Non è più giovanissi­ma eppure non ha «mai visto niente così: il fuoco era veloce come un fulmine». Innescato da non si sa cosa e sospinto da raffiche di vento fino a 100 chilometri all’ora, l’inferno ci ha messo poco a mangiarsi una fetta della regione di Rafina. Ma il mare non ha accolto tutti. «Un’amica di famiglia è morta in spiaggia. L’hanno trovata in acqua, senza vita», spiega alla Bbc Olivia Exarchakou, 19 anni, che studia ad Atene. «Faceva caldo, c’era un vento fortissimo, il cielo è diventato nero: l’abbiamo guardato coprire l’acropoli».

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Metallo fuso Parti di auto sciolte dal calore a Mati (Epa)

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