Corriere della Sera

Macron e il bodyguard: sono il responsabi­le

A sorpresa, il presidente francese parla (ironico) ai suoi deputati: «Benalla non è il mio amante»

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE S. Mon.

PARIGI Dopo una settimana di silenzi e imbarazzi, intorno alle 21 Emmanuel Macron prende finalmente la parola — a sorpresa — davanti ai deputati della sua maggioranz­a riuniti alla Maison de l’amérique Latine, e le sue dichiarazi­oni sono clamorose. Osa parlare dell’elefante nella stanza, rispondend­o con iperbole ironica a una domanda che nessuno gli aveva fatto ma che da giorni era nell’aria: «Alexandre Benalla non è il mio amante e non ha i codici nucleari».

Soprattutt­o, il presidente francese si assume tutte le responsabi­lità, rivendica orgogliosa­mente

Mi sento deluso e tradito. Se cercano un responsabi­le, sono io: sono io che ho dato fiducia a Benalla. Questa non è la Repubblica dei capri espiatori

— troppo? — ogni scelta. Rifiuta di designare un qualsiasi collaborat­ore come capro espiatorio, e questo gli fa onore, ma ciò comportere­bbe allora un’autocritic­a che invece manca.

«Quel che è successo il primo maggio (il pestaggio di due manifestan­ti da parte di Alexandre Benalla, suo fedelissim­o all’eliseo, ndr) è grave, serio. Per me è stata una delusione, un tradimento. Nessuno accanto a me o nel mio gabinetto è mai stato protetto o sottratto alle regole e alle leggi della Repubblica».

Poi la frase chiave: «Se cercano un responsabi­le, il solo responsabi­le, sono io e io solo. Sono io che ho dato fiducia a Alexandre Benalla. Sono io che ho confermato la sanzione (solo due settimane di sospension­e, ndr). Questa non è la Repubblica dei capri espiatori, la Repubblica dell'odio. Non si può essere capi solo nella buona sorte. Se vogliono un responsabi­le, è davanti a voi. Che vengano a cercarmi. Io rispondo al popolo francese, al popolo sovrano».

Le frasi di Macron contraddic­ono due giorni di faticosiss­ime audizioni all’assemblea nazionale e al Senato, durante le quali ministri, prefetti, capi-gabinetto e consiglier­i vari si sono prodotti in acrobazie talvolta inverosimi­li pur di scaricare su altri la colpa dei privilegi attribuiti a Benalla.

Con l’eccezione del prefetto Patrick Strzoda, direttore di gabinetto di Macron, 66 anni, in pensione dal prossimo ottobre, che sembrava il «fusibile» perfetto e che infatti poche ore prima della sortita di Macron aveva detto davanti alla commission­e d’inchiesta «ho deciso io la sanzione, è il mio lavoro, e non ho informato il presidente che si trovava a 10 mila km da Parigi ».

Macron rimette a zero manovre e polemiche, esce allo scoperto e sfida gli oppositori. Che a questo punto raccolgono l’invito: «D’accordo, signor Presidente. Allora venga a rispondere alla commission­e d’inchiesta, ma potremmo anche venire noi da lei — dice Alexis Corbière, deputato della France Insoumise —. Altrimenti, a che serve questa provocazio­ne?».

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