Soccorsa dopo la violenza e stuprata una seconda volta
Napoli, vittima 18enne inglese. Fermo per l’aggressione in Emilia
torna a quella notte.
C’era stata una festa organizzata da ragazzi stranieri, che stavano facendo un Erasmus all’istituto Orientale. Molti erano amici suoi, anche se lei non frequentava l’università. Ma c’erano anche napoletani, e naturalmente c’era soprattutto tanto alcol.
Lei lo ha raccontato subito di aver bevuto parecchio, però i ricordi le sono rimasti nitidi. Al momento di andar via, due le offrono un passaggio. Solo che la macchina non lascia nemmeno la zona universitaria, in pieno centro storico. Si ferma in un vicolo e qui avviene il primo stupro.
Poi i due se ne vanno e la lasciano lì. E la 18enne incontra un ragazzo napoletano conosciuto poco prima nel locale La scheda
● Un’inglese di 18 anni è stata violentata a marzo da due coetanei di Torre del Greco, e poi stuprata da un altro giovane che l’aveva soccorsa
● A Sorrento, nell’ottobre 2016, una turista inglese di 50 anni era stata stordita da alcuni dipendenti di un hotel con la «droga dello stupro» insieme alla figlia (che si salvò perché si sentì male) e poi violentata da una dozzina di uomini della festa. Gli racconta quello che le è successo e lui si offre di accompagnarla a casa della famiglia di cui è ospite, nel quartiere Chiaia. Ma si ferma molto prima, nel parcheggio, a quell’ora deserto, nel fossato del Maschio Angioino. E la violenta pure lui, rivendicando il suo turno. Poi però la accompagna davvero a casa, e così si fa inquadrare da tutte le telecamere della zona agevolando il lavoro dei carabinieri che il giorno dopo lo identificano.
Pure per gli altri due la ricerca non è complicata: sono di Torre del Greco, famiglie benestanti. La ragazza ha i numeri di telefono, agli inquirenti basta monitorarne le conversazioni via Whatsapp e arrivano gli elementi necessari affinché la Procura riesca poi a mandarli sotto processo. Già il giorno dopo uno dei due contatta la 18enne. La ragazza gli esprime la sua rabbia per quello che le hanno fatto e lui liquida la faccenda rispondendo che credeva fosse d’accordo. È quello che adesso ripetono davanti ai giudici: tutta la loro difesa è basata su quella parola che ricorre puntualmente nei processi per stupro: consenziente. Però agli atti non c’è solo la denuncia della vittima, ma anche altri messaggi in cui i violentatori commentano quello che è successo, se ne vantano e insultano pesantemente la ragazza di cui hanno abusato.