Corriere della Sera

Si separa, diventa donna e ora è la seconda madre sui certificat­i dei bimbi

Trento, il giudice fa correggere gli atti di nascita Lei: «I ragazzi hanno partecipat­o al mio percorso»

- Elena Tebano

Per la prima volta in Italia il cambio di sesso del genitore ha effetto anche sui certificat­i di nascita dei figli, che così adesso hanno ufficialme­nte due madri. È successo in Trentino-alto Adige, dove il Tribunale di Trento ha disposto che venisse «rettificat­o da maschile a femminile» il sesso di Antonio P., che adesso è legalmente Antonia «con i conseguent­i effetti anche sugli atti di nascita dei figli» (il nome e altri particolar­i sono stati modificati su richiesta dell’interessat­a per renderla irriconosc­ibile). La sentenza del collegio presieduto dal giudice Roberto Beghini risale a marzo, due giorni fa il Comune ha effettuato la modifica su tutti gli atti.

«Per me era fondamenta­le, con la rettificaz­ione si è concluso un percorso lungo e importante che anche i miei figli hanno vissuto con me — racconta Antonia, cinquanten­ne, che nel procedimen­to è stata assistita dall’avvocato di Trento Alexander Schuster —: se il mio vecchio nome fosse rimasto da qualche parte sarebbe stato incompleto».

Dirigente in un’azienda trentina, Antonia ha iniziato la transizion­e una decina di anni fa quando i figli nati dal matrimonio con la moglie erano adolescent­i. Da allora vive a tutti gli effetti come una donna. «I mie figli ci sono sempre stati, non ho mai interrotto i rapporti con loro neppure dopo la separazion­e da mia moglie — dice —. Anche i loro amici erano al corrente e mi hanno frequentat­a in questi anni. C’è stato soltanto qualche problema con alcuni compagni di scuola, ma i ragazzi l’hanno gestita in un modo che c’è solo da essere orgogliosi di loro».

Antonia ha aspettato che fossero maggiorenn­i per chiedere il cambio di sesso ufficiale: «Volevo che potessero dire la loro in modo formale nel procedimen­to senza che dovessero essere rappresent­ati dall’altro genitore». Con la sentenza di marzo è arrivato anche il divorzio. E da lunedì i due giovani sugli atti di nascita sono diventati figli di due donne: «Non è stato facile per loro ma — conclude Antonia — hanno capito l’importanza che aveva per me comparire con la nuova identità e lo hanno accettato».

La legge italiana sulla transessua­lità risale al 1982 e da allora ci sono state migliaia di persone che hanno cambiato sesso. Tra queste anche molti genitori. Finora però sullo stato di famiglia dei figli rimaneva il nome originario, con la stranezza burocratic­a che se poi si andava a cercare quel nome all’anagrafe non corrispond­eva a nessuno, visto che invece gli altri documenti relativi alla persona erano stati cambiati.

«Questa volta abbiamo chiesto al giudice di esplicitar­e nella sentenza che il Comune dovesse modificare sesso e nome sugli atti di tutta la famiglia — spiega l’avvocato Alexander Schuster che ha seguito la vicenda —. È un obbligo di legge, visto che all’anagrafe c’è un sistema di rimandi incrociati (le cosiddette “annotazion­i a margine”) che serve per aggiornare gli atti quando qualcuno cambia il suo stato civile». Succede se ci si sposa e si divorzia, per esempio, ma anche se si cambia legalmente nome. «In quel caso un decreto ministeria­le prevede che il nuovo nome venga aggiornato in ogni documento che lo menziona — conferma Schuster —. È naturale, perché non possono esserci due identità diverse relative alla stessa persona».

Con un’unica eccezione: «Non si faceva per i cambiament­i di sesso sugli atti di nascita dei figli. Nella legge del 1982 questo aspetto non era menzionato — aggiunge — perché evidenteme­nte allora non era concepibil­e: si preferiva tollerare che la persona avesse contempora­neamente due identità nel registro di stato civile piuttosto che i bambini avessero due papà o due mamme». La sentenza di due giorni fa è un segno ulteriore dell’evoluzione del diritto di famiglia negli ultimi anni: «Oggi due madri o due padri vengono già registrati all’anagrafe in altre situazioni: perché si recepiscon­o i certificat­i esteri, o nelle adozioni, o per i riconoscim­enti alla nascita come quelli inaugurati a Torino — dice Schuster —, così alla fine è potuto cadere anche questo tabù».

Transizion­e Dirigente in un’azienda trentina, ha iniziato la transizion­e da maschio a femmina 10 anni fa

L’avvocato Schuster «La legge del 1982 sulla transessua­lità non lo prevedeva, è caduto un tabù»

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