Corriere della Sera

ÖZIL E IL FALLIMENTO DELL’INTEGRAZIO­NE

- Aldo Cazzullo Cari lettori,

Caro Aldo, sono d’accordo con Özil. Vivo da più di vent’anni in Inghilterr­a, che mi ha dato tanto, ma non riuscirò mai a considerar­la la mia patria. Gaetano Rosselli

Mi dispiace che Özil si senta discrimina­to, il razzismo non dovrebbe entrare nello sport. Carola Clark

Assurde le reazioni sul caso Özil: ha fatto un gesto rispettoso verso la più alta carica del suo Paese. Di profession­e fa il calciatore non il politico. Più grave il selfie dell’ex senatore Antonio Razzi con Assad. Marco Carli

La storia di Mesut Özil sembra in contrasto con quella della Nazionale campione del mondo, trionfo dell’integrazio­ne di atleti originari delle ex colonie e diventati francesi. Özil non è turco: è nato in Germania, il Paese dove suo padre è cresciuto dopo esservi arrivato da bambino. Anche lui era diventato un simbolo di integrazio­ne, nel 2010, segnando un gol alla Turchia: venne anche felicitato dalla Merkel per questo. Ora annuncia di non voler più giocare nella squadra del suo Paese. Motivo: non si sono mai sopite le polemiche dopo la foto in cui regalava al presidente turco Erdogan la maglia rossa della sua squadra di club, l’arsenal.

Özil non ha un carattere facile. Si trovò male anche in uno dei club più strutturat­i e meglio organizzat­i al mondo, il Real Madrid. Ma questa vicenda non si spiega soltanto con i capricci di un campione incompreso. Se oggi Özil sente la necessità di ribadire che rifarebbe quella foto, all’evidenza la sua origine ha preso il sopravvent­o sulla sua formazione. Nessuno lo obbligava a omaggiare Erdogan, personaggi­o discutibil­e, che ha goduto e gode senz’altro di ampio consenso ma ha condotto la Turchia su un sentiero autoritari­o, integralis­ta e illiberale. L’impression­e, però, è che a Özil non importi molto del bilancio politico di Erdogan. Quella foto è una dichiarazi­one di identità. E di conseguenz­a rappresent­a il fallimento di una possibile storia di integrazio­ne, con la rinuncia alla Nazionale tedesca come tassello finale.

Tutto questo accade in un momento molto particolar­e nella storia della Germania. La leadership della donna che bene o male ha tenuto unito il Paese è al tramonto. L’spd, l’altro partito fondativo della democrazia tedesca, è al minimo storico. La destra appare divisa. Un partito non antinazist­a ottiene risultati a due cifre. I cristianos­ociali bavaresi non si riconoscon­o più nella politica degli alleati cristianod­emocratici. Erdogan ha già provato a condiziona­re il voto dei tedeschi di origine turca, e ora i media che lo appoggiano presentano Özil come un patriota e come un martire del razzismo tedesco. È una rappresent­azione falsa, ma efficace. Lo sport può essere un meltingpot, un crogiolo; ma può anche rivelarsi una trappola.

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