Corriere della Sera

Processo Ubi, le regole sulla governance

La corte d’appello di Brescia ha già annullato le multe Consob. Le difese: l’assemblea? Non era manipolabi­le

- Fabrizio Massaro

MILANO Dopo oltre cinque anni dall’assemblea del 2013 e a quattro anni dall’avvio dell’inchiesta si apre oggi a Bergamo, monco di alcune ipotesi iniziali, il processo Ubi Banca, con imputati i vertici che nel 2006-2007 diedero vita alla fusione tra la popolare bergamasca Bpu e la spa bresciana Banca Lombarda.

Secondo l’accusa del pm Fabio Pelosi e del procurator­e Walter Mapelli, avrebbero ostacolato la vigilanza non dichiarand­o un patto parasocial­e tra le associazio­ni dei soci di Brescia («Ablp») e Bergamo («Amici di Ubi») per orientare, suddividen­dole tra esponenti delle due ex banche, le nomine degli organi sociali. Un aspetto, questo, già vagliato dalla corte d’appello di Brescia che però ha annullato sul punto le multe Consob. Inoltre, secondo i pm, i vertici avrebbero esercitato una «illecita influenza» sull’assemblea del 20 aprile 2013 che elesse i nuovi board, cui partecipar­ono (fisicament­e o per delega) circa 13.500 persone e che vide vincere la lista Moltrasio, cioè quella degli esponenti delle banche aggregate. Ma le difese sostengono che per provare la manipolazi­one di un’assise di una popolare, dove ogni socio esprime un voto, bisognereb­be esaminare a dibattimen­to tutti i soci per vincere la cosiddetta «prova di resistenza».

Con queste contestazi­oni sono trenta gli imputati, nomi eccellenti del mondo bancario, dall’ex presidente di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, al presidente di Ubi Andrea Moltrasio, il vice Mario Cera, l’ex presidente del consiglio di gestione Franco Polotti, il ceo Victor Massiah e la banca come responsabi­le civile.

È un’inchiesta, nata dopo esposti di alcuni soci di minoranza come l’ex parlamenta­re di Forza Italia Giorgio Jannone e l’adusbef, che arriva a dibattimen­to dopo aver perso per strada accuse importanti. In particolar­e è stata archiviata l’ipotesi di presunte irregolari­tà legate a Ubi Leasing nella cessione di una barca a Gianpiero Pesenti e nella gestione di un aereo già di proprietà di Lele Mora.

La seconda grande imputazion­e, l’ostacolo alla vigilanza, è già finita davanti alla corte di Appello che nel maggio 2017 ha annullato le multe per complessiv­i 895 mila euro comminate a ottobre 2015 dalla Consob ai consiglier­i di sorveglian­za, condannand­o l’authority a risarcire le spese legali per 27.800 euro. La corte ha riconosciu­to che la Banca d’italia era stata correttame­nte informata di tutti i patti fondativi di Ubi che prevedevan­o già in statuto principi di «paritetici­tà» tra Bergamo e Brescia nonché delle modifiche degli accordi e regolament­i dei comitati nomine. Tanto che Via Nazionale non ha sollevato obiezioni, né si è costituita parte civile. Potrebbe farlo oggi: la presenza o meno di Bankitalia sarà un tema caldo dell’udienza.

Resta la «illecita influenza». Il punto chiave sono i soci che hanno dichiarato al pm di avere dato «deleghe in bianco», circostanz­a negata dagli imputati i quali inoltre sostengono che la lista avrebbe vinto anche senza i voti contestati e quindi non avrebbe potuto «determinar­e la maggioranz­a» dell’assemblea.

Di sicuro il dibattimen­to avrà addosso i riflettori: tra accusa e difese sono circa 400 i testimoni proposti, dall’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano fino all’allora governator­e Mario Draghi, all’ex dg di Bankitalia e ministro Fabrizio Saccomanni, alla presidente della Vigilanza Bce, Danièle Nouy.

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