L’identità è doppia, il dolore unico Storia di Andrea, anima fragile
Con «Indifesa» (La nave di Teseo) Giuseppe Cesaro racconta un drammatico percorso di crescita
Forse era colpa del mondo. Di «quel» mondo. Arrivato troppo presto e comunque in ritardo. Dove c’erano voci stonate da ascoltare. E dovevi scegliere. O fidarti. Chiamarsi Andrea poteva aiutare a smarcarsi. Stare fuori dai giochi. Non prendere posizione. O decidere di prendere la strada che nessuno aveva visto. Neanche tu. Indifesa, il nuovo libro di Giuseppe Cesaro, edito da La nave di Teseo, è un buttarsi dentro la vita standone fuori. Azzeccare il tempo e non capire i tempi.
Andrea è un bambino/a e poi un ragazzo/a. Forse mai, un uomo o una donna. La sua epoca è quella dei rivolgimenti veri e di quelli presunti. Spesso, la stessa cosa. Sulla coda del boom economico e agli esordi della grande contestazione. A cavallo tra i Sessanta e i Settanta. Sballottati tra Claudio Villa e gli Stones. Figli dei fiori con la fascia sui capelli e fiocchi da aggiustare sul grembiule di scuola. Tutto è vero e tutto è anche un po’ ipocrita. I suoi genitori sono come il poliziotto buono e il cattivo. Una diversità che, questa volta, non ti fa più ricco e aperto. Piuttosto ti annichilisce. Giorgio, un padre come una volta (ma anche di adesso). Che ti vuole tirare su come vuole lui. Forgiato dalla guerra e consapevole di avere fatto le scelte giuste. Scomode, anche. In politica e nella vita. Un padre che ha sbagliato mestiere. Incapace di modulare ascolto e comandi.
Elisa, la madre, è l’altra metà di una coppia che non si capisce come abbia fatto a piacersi. Forse per quell’insano desiderio di cambiare l’altro, quelle fanfaluche spacciate per trattati di psicologia. Lei il figlio/a lo/a capisce. Ma è un capire che sa di troppo buono. Un ergersi, comunque, a giudice. Comprensivo ma che sta sempre al di là e sopra. Senza famiglia, perché questa non è una famiglia, ad Andrea resterebbe tutto il resto. La scuola, per esempio. Che chiamarla così è eccedere di fantasia. Il Saint James, l’istituto dei ricchi, dei futuri padroni. Un recinto a «proteggerlo» dai pericoli senza accorgersi che il nemico è già dentro. Andrea non è ricco e non diventerà nemmeno un padrone. Lo sa lui e lo sanno i suoi compagni. Con la cattiveria perfida e senza filtri che solo i bambini. I genitori l’hanno messo lì «per il suo bene». E sono sinceri. Una scuola seria e severa che forgerà un futuro stimato professionista.
Andrea va subito in debito di ossigeno. Gli manca l’aria. Non lo capiscono e non si fa capire. Nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Come se avesse preso la mira al contrario. Vive in un mondo parallelo e ostile all’altro. In classe gli manca il guizzo della simpatica canaglia. Il coraggio di alzare la mano e spiazzare il prof con la domanda che non si aspetta. La sua rimane sempre un’ipotesi. Con i Mister, i professori con la tonaca, è sospetto al primo sguardo. Gli raccontano storie che non mettono in pratica. Troppo per la deontologia umana di Andrea. Lo salvano i docenti di Storia e forse di Scienze. Uomini che insegnano. Senza dare lezioni. La classe è una cravatta che lo stringe al collo e finisce fuori dalla cintura dei pantaloni. Neanche il jolly del calcio, quello che riesce a unire anche gli uomini più diversi, lo salva. Andrea non sa di pallone e neanche di figurine. E così per tutti è solo Paperina. Dentro un corpo che si trasforma ma non nel verso che si aspettava. Un po’ donna e a volte ancora uomo. La firma della Natura che gli altri non capiscono. Solo la madre prova a comprendere. Più il dolore, per altro. E così anche l’universo femminile è uno squarcio di cielo che lui vede con occhi nuovi. Si rispecchia e ne viene respinto. Fino a quando (ri)incontrerà Livia. L’ex compagna di classe che, forse, qualcosa aveva intuito. Diventa un’àncora, due anime che si assomigliano. Sullo sfondo, anni prima, c’era stato uno zio da raccontare. Una vita a filo d’acqua che riempie Andrea di regali improbabili e racconti. Quelli che prova a riprodurre ai compagni per farsi accettare. Ma è ancora un altro pugno alla possibilità di incontro.
Lo zio per i compagni si chiama Tremal-naik, un eroe raffazzonato di un mondo che non c’è. Un parente bizzarro che è la spiegazione genetica del perché questo Andrea sia così estraneo da noi. Solo la vita, se non la Giustizia, farà un po’ di ordine che non è detto sia l’antidoto al caos.
Rivoluzioni
La vicenda si svolge in un’epoca di grandi cambiamenti, tra gli Anni 60 e i 70
Realtà
Andrea frequenta una scuola per ricchi, ma non è ricco. Lo sa lui e lo sanno i compagni