Generazione under
Una classifica tutta di giovanissimi da Irama a Emma Muscat «Vincenti perché parliamo di noi»
under330 U na top ten musicale tutta italiana e soprattutto tutta di giovanissimi: 9 su 10 hanno meno di 30 anni, 6 su 10 sono addirittura sotto i 25. Se è il primo sintomo di una radicale rottamazione musicale o solo un temporale estivo sarà il tempo a dirlo. Ma la tendenza al ringiovanimento delle classifiche è un fenomeno che sembra irreversibile. La graduatoria Fimi-gfk dell’ultima settimana parla non solo giovanissimo ma anche il linguaggio del rap, anche se al primo posto c’è il vincitore di Amici, il 22enne Irama, in testa da 7 settimane. Debutta in seconda posizione Rkomi, che di anni ne ha 24, mentre chiude il podio Capo Plaza che è nato 20 anni fa. A seguire ci sono Carl Brave (28), Drefgold (21), Gemitaiz (29), Biondo (20), l’imbucato Luché (37), Sfera Ebbasta (25). Chiude i primi 10 l’unica donna Emma Muscat (18).
Enzo Mazza, ceo di Fimi (Federazione Industria Musicale Italiana) analizza così questo cambiamento epocale: «La prima rivoluzione è arrivata dallo streaming che ha scardinato il modo classico di consumare la musica. Oggi il 94% dei ragazzi usa lo smartphone per ascoltare musica, il 62% ricorre allo streaming a pagamento, che tra l’altro ha avuto benefici effetti sulla riduzione della pirateria. La seconda rivoluzione è il successo tra i giovani del rap e dei suoi fratelli, la trap e l’hip hop: questa nuova ondata pesa parecchio sulle classifiche. È una rivoluzione tecnologica ma anche artistica». Il passaparola digitale dei ragazzi fa il resto. Come in epoca analogica le dritte musicali arrivano dai coetanei ma i social hanno amplificato ancora di più l’idea che la musica non viene calata dall’alto — attraverso la promozione dei canali tradizionali — ma nasce in basso, quasi clandestina come un codice da diffondere solo nella cerchia degli amici. «È impressionante vedere il cambiamento rispetto al passato — riflette ancora Mazza —. Gli album erano tipicamente consumati da ascoltatori adulti, nella fascia d’età tra i 35 e i 55. Per tanti anni la classifica è rimasta quasi cristallizzata, monopolizzata dai grandi artisti consolidati e affermati, quelli con una grande carriera fatta di tanti successi. In fondo questa nouvelle vague è anche un bel segnale in un Paese che non ha mai brillato per essere aperto ai giovani».
I dati americani confermano l’ascesa dello streaming, quello a pagamento arriva al 47% del totale del mercato discografico, se si aggiungono anche gli introiti pubblicitari degli abbonamenti free e quelli dei servizi gratuiti come Youtube ci si impenna fino al 65%. L’italia è indietro, ma cresce, è al 40% anche se da noi conta ancora il supporto fisico, alimentato ultimamente dal fenomeno degli instore, gli incontri nei negozi dell’artista con i fan in cambio dell’acquisto dell’album. Pratica che i giovanissimi cantanti hanno fatta propria.
Rkomi è lo pseudonimo di Mirko Manuele Martorana: «La classifica è un bel segnale per un Paese che deve essere più attento ai giovani. Io ho la fortuna di vivere a Milano, che offre tante opportunità. Sarebbe bello che queste possibilità fossero estese non solo alle grandi città, ma anche ai centri più piccoli. Nel mondo musicale ci sono artisti che sono leggende, ma credo ci sia bisogno di un ricambio generazionale». Rkomi ha appena pubblicato Ossigeno, un libro accompagnato da un Ep con 6 nuovi inediti: «È un racconto che mette in luce la vera essenza di Mirko e non di Rkomi — spiega — . C’è tanto di me come persona piuttosto che di me come artista. È un modo più intimo per farsi conoscere, la mia immagine pubblica rimane in secondo piano».
Irama invece è lo pseudonimo di Filippo Maria Fanti: «Questa classifica è un bel messaggio, è un incoraggiamento per i giovani. Anche se noi dobbiamo tutto agli artisti più grandi, sono cresciuto ascoltando Guccini e De André, nel mio modo di fare musica la cultura dei cantautori è molto presente, la forza della parola e di un concetto per me sono centrali». Il rap è il canone musicale che meglio si presta a queste riflessioni: «Non sono un rapper, ma ho influenze dal rap. È un genere che nasce da una denuncia, dal bisogno di raccontare qualcosa, è il linguaggio più diretto e veloce, adatto ai nostri giorni. Il rap dà a chi lo ascolta la possibilità di indossare parole che lo rappresentano». Il suo album, Plume, in fondo è questo: «In un disco ci sono pezzi di anima, un disco deve parlare di noi, a volte con toni spensierati, a volte con timbri riflessivi. Io cerco di dare sempre un messaggio, a volte più leggero, altre più profondo».
Un bel messaggio per noi ragazzi, un incoraggiamento. Anche se dobbiamo tutto agli artisti più grandi: io per esempio sono cresciuto ascoltando Guccini e De André Irama
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