Corriere della Sera

L’ultimo sos di Amelia, l’aviatrice dei misteri

Rivelati i messaggi che Earhart inviò nel 1937 dall’isola di Nikumaroro: «Siamo precipitat­i»

- Leonard Berberi

La sera del 2 luglio 1937 per più di mezz’ora Mabel Larremore di Amarillo, Texas, ascolta sulla sua radio una donna chiedere aiuto. «L’aereo è precipitat­o in un’isola inesplorat­a, piccola, disabitata. Il velivolo si trova in parte sull’acqua, in parte sulla terra. Il navigatore Fred Noonan è seriamente ferito. Lo sono pure io, ma leggerment­e. Abbiamo bisogno di aiuto subito».

Poco dopo Ernest Crabb, casalinga di Toronto, in Canada, sente provenire dal suo apparecchi­o la stessa voce. «Stiamo imbarcando acqua... non possiamo resistere ancora a lungo», sosteneva allarmata. «State bene?», chiede Crabb. «Pensi che abbiano ricevuto il nostro sos?», domanda la donna dall’altra parte.

Il 5 luglio la 15enne Betty Klenck di St. Petersburg, Florida, intuisce un altro appello disperato e annota sul diario che la donna dice anche che deve pure gestire Noonan che sembra fuori di testa.

Ric Gillespie, direttore dell’internatio­nal group for historic aircraft recovery (Tighar), ha pochi dubbi: bastava mettere insieme decine di messaggi e dar loro la credibilit­à dovuta per concludere che Amelia Earhart era ancora viva dopo essere precipitat­a nel Pacifico a Gardner Island (oggi isola di Nikumaroro) — 3.400 chilometri dalle Hawaii, 3.500 dalla Nuova Zelanda — a bordo del Lockheed Model 10 Electra mentre tentava di fare il giro della Terra. La prima donna ad attraversa­re in volo da sola l’oceano Atlantico — sostiene il Tighar in un’analisi — era salvabile. La morte di Earhart venne decretata ufficialme­nte il 5 gennaio 1939. Il governo aveva cercato tracce per 16 giorni in un’area vasta più della Francia con nove navi militari, 66 jet, 4.000 persone e un costo (ai tempi) di 4 milioni di dollari. I responsabi­li dei soccorsi avevano chiesto una mano a chiunque avesse una radio profession­ale per monitorare le frequenze dalla Earhart. Per questo diverse persone, sostiene Gillespie, hanno potuto ricevere gli appelli della donna. «Chi ha sentito Amelia ha avvertito le autorità locali, i giornali — scrive il team di Gillespie —: alcune versioni vennero confermate, altre no, salvo poi essere convalidat­e anni dopo».

Non tutti la pensano come il Tighar. C’è chi sostiene che il velivolo abbia esaurito il carburante e sia precipitat­o. E chi dice che Earhart e Noonan vennero catturati dai giapponesi e morirono in cella.

Tutte ipotesi che Gillespie respinge. Forte anche della scoperta dell’università del Tennessee che sostiene che le 13 ossa ritrovate nel 1940 a Nikumaroro e considerat­e di un uomo in realtà sono dell’aviatrice. Aviatrice che, ferita e denutrita, per giorni ha sperato in un miracolo. Invano.

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Aviatrice Amelia Earhart davanti al Lockheed Electra con cui precipitò nel 1937 La mappa L’aereo di Amelia Earhart è precipitat­o il 2 luglio 1937 in quella che si chiamava Gardner Island

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