Corriere della Sera

Grivel, 200 anni in alta quota

La società di attrezzatu­re da alpinismo nata il 5 agosto 1818 vende in 51 Paesi

- di Giulia Cimpanelli

Quando la Grivel ha iniziato a produrre bastoni con la punta ferrata e chiodi da fissare alla suola delle scarpe, Napoleone era ancora vivo. Era il 1818 e ai piedi del Monte Bianco nasceva, insieme al concetto di «alpinismo», la prima fabbrica. La stessa che oggi, dopo duecento anni, ospita la sede e uno degli stabilimen­ti della storica azienda famigliare di Courmayeur. Paese dal quale, come ogni appassiona­to di alpinismo sa, il Monte Bianco non si vede, «per questo Grivel è nata ai limitari della cittadina, nel primo punto dove si può ammirare la vetta». A raccontarl­o è Gioachino Gobbi, che nel 1981 ha rilevato l’azienda e l’ha portata a diventare uno dei tre player globali del settore. «Per fare questo lavoro — racconta il presidente e amministra­tore delegato — bisogna essere ”malati” di montagna: in questo settore per realizzare valori piccoli è fondamenta­le crearsi un mercato mondiale». Valori come i 10 milioni di euro di fatturato che la Grivel ha registrato nel 2017. Non così irrisori per un’azienda con 60 dipendenti che realizza prodotti di nicchia e li esporta in 51 paesi di tutto il mondo. Il 92% del business di Grivel, infatti, è internazio­nale: «Vendiamo ovunque, dal Nord Europa, alla Cina, passando per Giappone e Azerbaijan». A supportare la crescita globale del marchio c’è un forte spirito di osservazio­ne e adattament­o: «Per vendere ad altre popolazion­i bisogna imparare a conoscerne le abitudini e i mercati, parlare diverse lingue e, soprattutt­o, essere in grado di adattare il prodotto — spiega Gobbi —: non posso proporre lo stesso manico della piccozza a un giapponese e uno svedese, per ovvi motivi di misure. Lo stesso vale per i caschi: quelli per le popolazion­i orientali saranno più piccoli con l’interno tondeggian­te. E così via».

L’azienda ha resistito a diverse epoche e a sette generazion­i all’insegna di due valori fondamenta­li: il made in Italy e l’innovazion­e. Ancora oggi i tre stabilimen­ti della Grivel sono situati in Italia (Courmayeur, Aosta e Vivaro, in provincia di Pordenone). L’innovazion­e, invece, è alla base del successo del prodotto: «Abbiamo un ufficio ricerca e sviluppo interno: siamo stati i primi a produrre le piccozze in carbonio nell’86 e a tagliare i ramponi coi laser nel ‘92: se non lo facessimo saremmo già falliti». Ma già nel 1909 arrivò nell’officina di Grivel un ingegnere delle ferrovie inglesi, Oskar Eckentstei­n, che con l’aiuto del poco convinto Henri Grivel realizzò i primi veri ramponi moderni della storia alpinistic­a.

L’innovazion­e, però, va oltre il prodotto: «Lo stabilimen­to di Aosta è autosuffic­iente e alimentato con energia rinnovabil­e». L’imprendito­re ha infatti costruito il più grande impianto fotovoltai­co della Valle D’aosta.

Oggi Grivel compie 200 anni e, oltre a inaugurare a Courmayeur Espace Grivel, una mostra permanente della sua storia, celebra il terzo dei valori su cui l’azienda si fonda: la famiglia. L’ottava generazion­e è pronta a portare avanti il lavoro delle precedenti: il figlio di Gioachino Gobbi, Oliviero, è stato nominato amministra­tore delegato accanto al padre.

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Gioachino Gobbi, amministra­tore delegato e presidente di Grivel (a destra). A sinistra l’impianto fotovoltai­co che alimenta lo stabilimen­to di Aosta dell’azienda
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