Corriere della Sera

Giorgetti: i mercati ci bombardera­nno

Il sottosegre­tario: quanto è accaduto in passato accadrà di nuovo, anche a noi

- di Francesco Verderami

Giorgetti non posta video né porta pochette, ma è l’unico nel governo che dà del tu a Draghi. Quindi a Palazzo Chigi dovrebbero prestargli ascolto.

Dovrebbero drizzar le antenne quando il sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio, per parlare della situazione economica, si mette a usare certe metafore. Tipo: «Se arriva la guerra nucleare, sarebbe meglio costruire un rifugio anti-atomico. Non vi pare?». E se proprio è sfuggito il senso, è pronto ad essere più esplicito: «Se già sappiamo che tra fine agosto e inizio settembre i mercati si metteranno a bombardare, facciamoci trovare pronti». Non ci sarebbe bisogno nemmeno di un interprete per cogliere l’esortazion­e ad attrezzars­i per tempo, impostando subito la legge di Stabilità, perché a settembre rischia di essere tardi.

Ora, siccome Giorgetti parla con Draghi e parla a Palazzo Chigi, resta da capire se qualcuno a Palazzo Chigi comprende questo senso di urgenza, questo invito al bagno di realtà, questa richiesta di assunzione di responsabi­lità. Sarà un politico all’antica, ma c’è un motivo se invece di un post o di una pochette, offerti a favor di rete o di telecamera, preferireb­be un ombrello per ripararsi dalle nubi che si addensano. Dato che «quanto è accaduto in passato accadrà di nuovo, anche a noi». Ecco spiegato il motivo per cui il suo pessimismo genetico tracima mentre discute di prospettiv­e insieme ai suoi compagni di partito. Ecco perché, mentre Salvini traguarda alle Europee del prossimo anno il momento del «tagliando» per l’esecutivo, lui lo anticipa al prossimo autunno.

È l’esercizio del potere che lo rende inquieto, non solo per la dimensione dei problemi ma probabilme­nte anche per il modo in cui vengono talvolta approcciat­i. L’altroieri ha risposto alla telefonata di un esponente della Lega che lo cercava con insistenza e che voleva guardasse sui siti il video di Di Maio e Toninelli: «Sono andati fino a Fiumicino per l’airbus di Renzi ma non hanno ancora convocato i commissari di Alitalia per la crisi della compagnia aerea...». E lui ha esorcizzat­o l’ansia con una battuta: «Datemi un piano B». Perché un pessimista si serve dell’ironia per cercare pace. Ma tra Tav, Tap, Ilva e altri acronimi indigesti ai grillini, Giorgetti — che la pensa in modo diametralm­ente opposto — deve riderci su «o scoppia», come confidava giorni fa un suo collega di governo.

«Atlante» l’hanno ribattezza­to nel Carroccio. D’altronde, se c’è un problema è a lui che i leghisti si rivolgono. Sulle nomine è a lui che hanno affidato il compito di evadere i dossier, ascoltare i candidati, tenere conto dei nominativi altrui. Alla prima riunione di governo sulla materia, aveva proposto di partire con uno spirito ecumenico: «Evitiamo sfracelli con persone che diano nell’occhio, che alimentino polemiche, che facciano scrivere i giornali e soprattutt­o che scombussol­ino la gestione delle aziende». Nel mezzo del cammino, giusto ieri dopo le nomine Rai, non ha spiegato se «il principio» a cui voleva rifarsi fosse stato rispettato: «... Che poi — ha detto a un ministro — non è solo una questione di nomi ma anche di modi. Non è che gli altri facessero meglio, eh. Perché a sentire quelli dell’opposizion­e che oggi parlano, mi verrebbe voglia di rispondere. Solo che così l’italia non riesce a diventare un Paese normale».

Giorgetti in fondo è un politico normale. Senza pochette e senza un account sui social network, appartiene infatti a un’altra era geologica, che non è nemmeno quella della Seconda Repubblica. Altrimenti non si capirebbe come mai, alla visibilità mediatica, preferisce la riservatez­za delle relazioni. E in quelle sedi parla, confidando di essere ascoltato. Servirebbe qualcuno che comprendes­se quanto ritiene delicata la faccenda. Quando invece incrocia microfoni o taccuini si ritrae, o al più si rifugia nei classici. L’ha fatto anche ieri. Stuzzicato, ha risposto in versi: «Lingua mortal non dice/ Quel ch’io sentiva in seno». È un passo di «A Silvia» del Leopardi. Un altro ottimista...

Le scelte

E sulle nomine alla prima riunione aveva detto: evitare persone che diano nell’occhio

 ?? (Lapresse) ?? Lo stileMatte­o Salvini, 45 anni, (a destra), vicepremie­r e ministro dell’interno ieri alla festa della Lega di Fontevivo. Luigi Di Maio, 32 anni, (a sinistra), vicepremie­r e ministro del Lavoro, ieri all’uscita da Palazzo Chigi. Nel 2017 è diventato capo politico del Movimento 5 Stelle, venendo scelto dall’87% degli iscritti alla piattaform­a Rousseau.
(Lapresse) Lo stileMatte­o Salvini, 45 anni, (a destra), vicepremie­r e ministro dell’interno ieri alla festa della Lega di Fontevivo. Luigi Di Maio, 32 anni, (a sinistra), vicepremie­r e ministro del Lavoro, ieri all’uscita da Palazzo Chigi. Nel 2017 è diventato capo politico del Movimento 5 Stelle, venendo scelto dall’87% degli iscritti alla piattaform­a Rousseau.

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