Corriere della Sera

«Un errore fermarsi I costi di uno stop superiori ai benefici»

Il sottosegre­tario Siri (Lega): gap di grandi opere

- Marco Cremonesi

«Un conto è ridiscuter­e. Un altro conto, molto diverso, è fermare tutto». Armando Siri, il sottosegre­tario leghista alle Infrastrut­ture e ai Trasporti è perplesso — a dire poco — sulla possibilit­à che si arrivi a fermare l’alta velocità ferroviari­a tra Torino e Lione.

Eppure, il premier Conte non ha smentito con nettezza le indiscrezi­oni in questo senso.

«Ecco, ha detto bene: indiscrezi­oni. Al momento, si tratta solo di questo, non è una decisione politica. Perché se ci fosse, quanto meno il ministro ce l’avrebbe comunicato». Ma allo stato le decisioni sulla Tav quali sono?

«La questione Tav è sul tavolo, l’abbiamo affrontata a grandi linee ma nessuno ha

mai parlato di una legge per bloccarla. Piuttosto, si è ragionato su come affrontare eventuali modifiche al progetto originario». La Lega non è da sempre a favore dell’alta velocità?

«Noi non siamo particolar­mente favorevoli a un intervento piuttosto che a un altro. Siamo favorevoli a dare all’italia la possibilit­à di compensare un gap infrastrut­turale importante. E dato che la Tav non è un viottolo di provincia ma fa parte di un grande corridoio per il trasporto di mezzi e persone, prima di immaginare un stop bisogna mettere nero su bianco un bilancio che allinei costi e benefici». Secondo lei, questo bilancio che cosa dice?

«Per quanto mi riguarda i costi dello stop sono assai superiori ai benefici. Soprattutt­o in prospettiv­a». Può specificar­e?

«Mentre noi sulle grandi opere diamo segnali di confusione, gli spagnoli hanno concluso il corridoio di alta

Un conto è ridiscuter­e, un altro, molto diverso, è fermare tutto

portabilit­à tra Gibilterra e Duisburg che intercetta buona parte del traffico merci provenient­e da Suez. Mentre il porto del Pireo in due anni è passato dalle 700mila tonnellate teu a 4,5 milioni».

Molti 5 Stelle sono nati politicame­nte nella lotta alla Tav. È pensabile che rinuncino a incassarne il dividendo?

«Anche io quando sono nato avevo il ciuccio, il biberon e il seggiolone. Poi, però, si cresce. Si evolve. Soprattutt­o, si possono modificare i punti di vista, perché la cosa migliore che può accaderci è quella di poter cambiare idea. Se ci sono argomenti validi, io sono prontissim­o a cambiare idea, per me non è una questione ideologica».

Le questioni ambientali sollevate (non solo) dai 5 Stelle non sono rilevanti?

«I temi ambientali sono assolutame­nte seri e da non sottovalut­are. E quindi, dobbiamo decidere se vogliamo continuare a far viaggiare tutto su gomma o investire sulla rotaia e sui collegamen­ti di ultima generazion­e. Che il treno sia meno inquinante della gomma, non credo sia dubbio...».

In queste ore si discute del dl Dignità. Non teme che scontenti una parte del vostro elettorato e le imprese?

«Noi abbiamo sempre detto che avremmo lavorato per migliorarl­o. E qualcosa è già stato fatto, pensi ai voucher per i settori agricolo e del turismo. Lo spirito è mettere un argine netto alla precarizza­zione del lavoro. D’altra parte, siamo consapevol­i che il lavoro è stabile se ci sono crescita e sviluppo. E dunque, il giudizio andrà dato sull’attività complessiv­a del governo: la riforma fiscale è un provvedime­nto che va nella direzione della crescita a sostegno delle tante imprese italiane che vogliono tornare a investire, assumere e pagare il giusto».

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