Corriere della Sera

Fca-marchionne, le verifiche Consob Altavilla: non sapevo della malattia

Il manager: avrei informato la società. Nessun rilievo dagli esami di routine dell’autorità

- Giusi Fasano

Dell’uomo, tre giorni dopo la sua morte, non si parla quasi più. I riflettori adesso sono puntati sul suo ostinato desiderio di nascondere al mondo la sua malattia. Sergio Marchionne aveva custodito quel segreto come fosse una pietra preziosa e adesso che lui non c’è più tutti cercano di capire, interpreta­re, dedurre. Fra rispetto e incredulit­à. Davvero non c’era un solo uomo di Fiat Chrysler che sapesse?

A meno di colpi di scena clamorosi sembra che sia proprio così: nessuno era a conoscenza di quella «malattia grave» per la quale l’ex numero uno del Gruppo «da oltre un anno» andava in Svizzera «con cadenza regolare per curarsi», come hanno fatto sapere dall’ospedale universita­rio di Zurigo.

Giura di non avere mai saputo nulla Alfredo Altavilla, il manager responsabi­le dell’area Emea di Fca che si è dimesso subito dopo la nomina del nuovo Ceo, Mike Manley. Tirato in ballo via social e da alcuni organi di informazio­ne che lasciavano intendere che lui fosse il solo a sapere delle reali condizioni di salute di Marchionne, Altavilla ha spiegato a Corriere.it che non è così: «Non ero a conoscenza della malattia di Sergio. L’avessi saputo avrei informato i competenti organi societari in materia di compliance».

Sulla questione sta indagando anche la Consob, l’organo di controllo di Piazza Affari, poiché la malattia del manager italo-canadese è «price sensitive», cioè è un’informazio­ne che può influire sul prezzo delle azioni. «L’attività di vigilanza che la Consob ha in corso è quella consueta» fanno sapere fonti vicine alla Commission­e. Finora - anche se questo tipo di accertamen­ti richiedono tempo - dalle prime verifiche sull’operativit­à del titolo e sui flussi informativ­i non sarebbe emerso nulla che faccia pensare a irregolari­tà. Risultereb­be, in sostanza, che Fca sia stata trasparent­e.

Dagli Stati Uniti l’agenzia Bloomberg fa sapere che la Securities and Exchange Commission - la Consob americana che dovrebbe vigilare allo stesso modo dei colleghi italiani poiché Fca è quotata anche a Wall Street - «non richiede specificam­ente alle società di rivelare problemi di salute dei dirigenti». La privacy conta più di ogni altro argomento, anche nella vita di un super dirigente come Sergio Marchionne che certamente come manager era tenuto a tutelare gli interessi dell’azienda ma che nessuno può rimprovera­re di non averlo fatto fino alla fine, pur tacendo sulla sua malattia.

Manuela, la donna che amava, ha custodito il segreto sulla sua salute fino all’ultimo, negando al presidente di Fca John Elkann di vederlo pochi giorni prima che morisse. Quando tutto è finito è stata lei – che tra l’altro di Fca è dipendente – a scrivere una email a Bloomberg per confermare quel che Elkann aveva ripetuto, forse senza essere creduto fino in fondo: l’azienda, ha scritto Manuela, non sapeva niente. Nell’articolo che ricordava tutto questo l’agenzia americana titolava: «Il superman di Fiat Chrysler era solo un uomo, dopo tutto».

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Insieme Sergio Marchionne con Alfredo Altavilla, ex responsabi­le Emea Fca, in una foto dello scorso febbraio

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