Ventimiglia, minorenni costrette a prostituirsi per emigrare
Dietro l’odissea dei flussi migratori si nasconde, in troppi casi, anche il dramma dello sfruttamento sessuale. Sotto i nostri occhi, all’interno dei confini italiani. È la denuncia dell’associazione Save the Children, contenuta nel rapporto «Piccoli schiavi invisibili» pubblicato ieri.
I volontari parlano di survival sex, la mercificazione del proprio corpo per far fronte a un bisogno estremo di sopravvivenza. Ad essere costrette a ricorrere a questa tragica arma sono soprattutto giovani donne provenienti dai Paesi del Corno d’africa o dell’africa sub-sahariana: in molti casi minorenni. Indotte da passeurs disposti a tutto a prostituirsi in cambio dell’ultimo viaggio che le porti fuori dal nostro Paese, verso il Nord Europa, o semplicemente di cibo o di un posto dove dormire. «Private della possibilità di percorrere vie sicure e legali — denuncia l’ong — queste ragazze sole sono esposte a gravissimi rischi di abuso e sfruttamento».
Una tratta che avviene lontano dagli occhi dello Stato, ma in pieno territorio italiano. Come al confine ligure con la Francia. «Ventimiglia è stata ed è tutt’ora non solo tappa per la continuazione del viaggio e dello sfruttamento, ma anche città di reclutamento di donne magari fino ad allora non sfruttate», denuncia un’altra associazione dedita all’accoglienza, Intersos, che punta il dito contro lo Stato: «il fenomeno è radicato ed è ampiamente noto alle autorità competenti».
Sfuggito dai radar dell’attenzione pubblica, il tema della prostituzione minorile resta quanto mai attuale anche lontano dalle zone di confine. Ad esserne vittima — riporta sempre nel dossier Save the Children — sono soprattutto ragazze rumene e nigeriane, spesso indotte dai propri sfruttatori a dichiararsi maggiorenni al momento dello sbarco in Italia, sfuggendo così al sistema di protezione previsto per i minori. Un modo per ripagare i debiti contratti per giungere nel nostro Paese, che per le giovani nigeriane ammontano a cifre tra 20 e 50 mila euro.
Un ricatto implicito che riguarda anche i minori stranieri ridotti in stato di semi-schiavitù: costretti a lavorare in condizioni massacranti per 2 o 3 euro l’ora per ripagare i debiti. Una piaga quasi del tutto sommersa, considerato che i casi accertati di lavoro minorile in Italia nel 2017 sono stati «appena» 220.