A 88 anni sono diventato uno sposo novello
rientro in serata a Treviso».
La cerimonia non poteva tenersi qui?
«Sarebbe stato un casino boreale».
Niente luna di miele?
«Ho già dato. Le api sono morte. E le pilloline blu o gialle non fanno per me».
Lei è cattolico?
«Eh ciò, ostrega, ci mancherebbe altro! Nove anni di Collegio San Pio X».
Per la Chiesa adesso è un concubino.
«Il prete mi sposò nel 1962. Basta cussì».
È favorevole alle unioni civili fra persone dello stesso sesso?
«Dura lex, sed lex. Da sindaco mai avrei celebrato il matrimonio fra due uomini o due donne. Ma rispetto le leggi dello Stato, anche quelle che non mi piacciono. A me due maschi che si baciano per strada fanno schifo, hai capito?».
Mi ricordo di un suo editto: «Darò immediatamente disposizione alla comandante dei vigili urbani affinché faccia pulizia etnica dei culattoni».
«La gente mi diceva: “Siór sindaco, in via Pinelli e verso Santa Bona vediamo uomini dediti all’adescamento”. Era mio dovere risanare quelle aree. L’espressione è pesante? Sono parole della mia gioventù. Perché dovrei sconfessare me stesso?».
Quindi avrebbe epurato anche lo scrittore trevigiano Giovanni Comisso.
«Ah, no. Io ho sempre detto che questa condizione è conseguenza di un difetto fisico. Ma almeno i Comisso la vivevano nell’intimità. Non come il tizio con un seno alla Sophia Loren che venne a incatenarsi nudo al portone del municipio, urlando: “Violentatemi, violentatemi”. L’esibizionismo mi ripugna».
Lei è omofobo?
«Ora non più. Però resto della mia idea».
Xenofobo?
«Non ho nulla contro gli stranieri. Ma l’europa non può assorbire l’africa».
Razzista?
«Solo quando gli extracomunitari non rispettano il codice».
E con l’invito a sparare sui «leprotti» neri e islamici, come la mettiamo?
«Ma dài! Era solo una battuta rivolta all’assessore provinciale. Si lamentava perché c’erano 10.000 cacciatori e poca selvaggina. Un problema che io non ho mai avuto: appena finita la guerra pescavo con le bombe a mano nei laghi di Santa Croce e di Levine».
E se un suo figlio sposasse una nera?
«Non vedo bene le commistioni fra razze. Forse più avanti... Come negli Usa».
Quanti processi ha subìto per istigazione all’odio razziale?
«E chi se lo ricorda? Solo uno è passato in giudicato. La Cassazione mi ha condannato a 4.000 euro di multa e mi ha inibito i comizi per tre anni».
Che cos’è la «razza Piave»?
«La stirpe ideale che si sacrificò a Caporetto, sul Grappa, sul Montello. Una volta sulle facciate delle case c’era dipinto: “Razza Piave, purissima razza italiana ma anche e soprattutto fascista”. Quelli della tua età che possono saperne?».
Caporale Gentilini, ha visto i filmati degli alpini ubriachi che all’ultima adunata di Trento ballavano mezzi nudi sulle note della «Febbre del sabato sera»?
«No. Ho partecipato a 50 raduni nazionali. Ora le gambe non me lo consentono più. Morti i reduci della prima e della seconda guerra mondiale, queste manifestazioni hanno perso la loro sacralità, ci trovi solo i figli del boom. Io resto orgoglioso dei miei 20 mesi di naia con il mulo sui monti del Bellunese».
Mi racconta qualcosa che non ha mai confidato a nessuno?
«A quelli che venivano in municipio per chiedermi favori, dicevo: la mia porta è blindata, la passate senza aprirla. Non ho scheletri nell’armadio. Anzi, non ho neppure l’armadio». ● Detesta «tutti i sinistri», tranne Massimo Cacciari