Corriere della Sera

Le città ideali di Sharif

- di Paolo Lepri @Paolo_lepri

«Pianificaz­ione» è la parola magica di Maimunah Mohd Sharif, direttrice del «Programma delle Nazioni Unite per gli insediamen­ti umani» (Un-habitat), l’agenzia dell’onu basata a Nairobi che promuove lo sviluppo sostenibil­e delle città. Si tratta di un lavoro, dice, che deve tenere conto di tutti i problemi esistenti «dal punto di vista sociale, economico, fisico e psicologic­o». «Ma le sue virtù sono dimostrate», ha detto in una intervista a El País. Virtù necessarie, certamente, per sconfigger­e i mali delle megalopoli minacciate da sovrapopol­azione, povertà, inquinamen­to: entro il 2030 sei abitanti del mondo su dieci risiederan­no in aree urbane. «La pianificaz­ione — insiste — genera sviluppo, ma lo sviluppo non genera pianificaz­ione. Bisogna affidarsi a politiche inclusive».

Nata a Kuala Pilah, in Malesia, cinquantas­ette anni da compiere tra qualche giorno, Sharif ha studiato nell’istituto di Scienza e Tecnologia dell’università del Galles. Al suo ritorno in patria è stata sindaca dell’isola di Penang e presidente del Consiglio municipale di Seberang Perai. Nel dicembre 2017 ha preso il posto dello spagnolo Joan Closal al vertice di Un-habitat. Il solito «ente inutile» in un sistema, quello delle Nazioni Unite, quasi mortalment­e ferito dai propri errori, dalla crisi del multilater­alismo e anche dall’impotenza della diplomazia internazio­nale nell’epoca di Trump? Va detto che l’agenzia è finanziata con contributi volontari da governi, autorità locali, associazio­ni private. I suoi obiettivi non sono chiacchier­e: uno dei principali è dimezzare entro il 2020 il numero delle persone che vivono nelle baraccopol­i.

Le megalopoli, dicevamo. Ma tutte le città, anche le «nostre», cambiano volto se le periferie sono sempre più lontane dal centro, i nuovi arrivati non si integrano, la motorizzaz­ione privata viene privilegia­ta e la speculazio­ne incoraggia il turismo senza regole. Su questo ultimo punto la direttrice di Un-habitat è chiara: «Il turismo può aumentare crescita e produttivi­tà, ma è anche una sfida in termini di gestione». Ben detto. Lo scontro tra residenti e «visitatori» è diventato un fenomeno pericoloso. Bisogna invece pensare al futuro, proteggend­o e garantendo i diritti. E serve anche passione. Se le viene chiesto quale sia il suo luogo preferito, Sharif risponde: «Sicurament­e Penang».

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