Effetto export e consumi Il Pil Usa accelera al 4,1%
Balzo record da 4 anni. Trump: economia invidiata nel mondo
La percentuale è senza dubbio squillante: +4,1%. L’economia americana prende velocità nel secondo trimestre, da aprile a giugno 2018. Il ritmo di crescita è quasi raddoppiato rispetto al 2,2% del primo trimestre e al 2,9% dell’ultimo tratto del 2017.
Donald Trump si è attribuito in pieno il merito di questo balzo, con una conferenza stampa alla Casa Bianca, in cui ha ripreso anche i tweet della mattinata: «Siamo ai livelli più alti degli ultimi tredici anni. E’ un’inversione di tendenza storica. Siamo sulla strada giusta per arrivare a una crescita annua del 3% e potremmo anche andare oltre. Con gli accordi commerciali che stiamo stringendo, faremo ancora meglio. Il terzo trimestre sarà fantastico: è una crescita sostenibile. Ora la nostra economia è invidiata nel mondo».
Più tardi, con una nota, la Casa Bianca ha ripreso il quadro dei numeri, rivendicando il cambio di passo nei confronti della presidenza di Barack Obama. In realtà negli anni di Obama si registrarono alti e bassi, compreso, però, il record del 5,1% nel secondo trimestre del 2014.
Diversi economisti e centri studi, come Lakshman Achuthan dell’economic Cycle Research Institute, citato dal “Washington Post”, sostengono che sarebbe meglio non farsi illusioni: il prodotto interno lordo è stato sospinto da fattori eccezionali che andranno attenuandosi nei prossimi mesi. In particolare viene citata la riduzione dell’aliquota secca sulle imprese, dal 35% al 21%: l’impatto sugli investimenti potrebbe spegnersi nei semestri a venire. E’ anche l’analisi della Federal Reserve che ha previsto una crescita del 2,8% quest’anno e poi del 2,4% nel 2019 e del 2% nel 2020. Il confronto, quindi, si sta sviluppando su due livelli. Trump e i suoi ministri insistono sulla «rottura epocale», anche psicologica, del modello uscito dalla grande recessione del 2008. Le politiche dell’amministrazione stanno dando i primi risultati. Il presidente ha menzionato, tra «i segnali», anche «la riduzione di 59 miliardi del deficit commerciale». Economisti e investitori sono più attenti ai fondamentali. Non è un caso se ieri Wall Street, nonostante i proclami in arrivo dallo Studio Ovale, dopo un’apertura positiva, si sia mossa al ribasso, preoccupata dalle performance deludenti di Twitter e Facebook.
I dati diffusi dal Dipartimento del Commercio mostrano che c’è stato un forte incremento dei consumi interni, che da soli valgono i due terzi dell’economia: +4%, mentre nel primo trimestre erano saliti soltanto dell’+1%.
Molto robusta anche la dinamica dell’export, sicuramente condizionata dai venti di guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, nonché tra Stati Uniti ed Europa. Le esportazioni contribuiscono con un +1,06% alla crescita trimestrale del 4,1%. Molti compratori avrebbero forzato gli acquisti, costituendo le scorte per anticipare l’entrata in vigore dei dazi. Un caso vistoso è quello della soia: negli ultimi trimestre l’export americano è raddoppiato, con vendite in Cina (dove è stata imposta una tariffa del 25%), in Messico, Olanda e altri Paesi.
E’ possibile, quindi, che la bolla anomala dell’export si sgonfi da qui alla fine dell’anno. Gli investimenti tengono, con un incremento del 7,3%, contro l’11,5% del primo trimestre; sale ancora la spesa pubblica: +2,2% rispetto all’1,1% del precedente periodo.