Eni, il petrolio in rialzo spinge utili e ricavi
Debito in calo, ritorna ai livelli del 2006. Descalzi: numeri appaganti, sono il frutto del lavoro degli anni passati
MILANO «Sono numeri appaganti, il risultato del lavoro strutturale fatto negli anni passati. Il debito è sceso ai valori del 2006, il livello più basso registrato negli ultimi undici anni, nonostante gli investimenti siano cresciuti: dimostra la bontà degli asset». Claudio Descalzi, ceo di Eni, commenta i risultati del primo semestre. Il colosso petrolifero ha chiuso la prima metà dell’anno con un utile netto di 2,2 miliardi, in crescita del 124%, con un trimestre che vale 1,25 miliardi di risultato netto, contro i 18 milioni dello stesso periodo del 2017. Confermata la proposta di un acconto di dividendo di 0,42 euro per azione.
In forte crescita anche la produzione di idrocarburi a 1,86 milioni di barili di petrolio
equivalenti al giorno. Per quest’anno Eni prevede una crescita del 4% sul 2017 allo scenario di budget di 60 dollari al barile. L’incremento sarà sostenuto — spiega una nota della società — dall’accelerazioni dei campi avviati nel 2017, in particolare in Egitto,
Indonesia e Ghana, dal maggior contributo dei giacimenti Kashagan, Goliat e Val d’agri, dagli start-up di nuovi progetti in Angola, Libia e Ghana. Un contributo arriverà anche dagli Emirati Arabi. Mentre rallenterà la produzione nei campi «maturi». «Nel secondo trimestre, come già nel primo — ha spiegato Descalzi — Eni ha proseguito nel trend di forte miglioramento della redditività, che aumenta del 152% mentre la crescita del Brent in euro del 38%, trainata dalla performance del business esplorazione e produzione, che ha più che triplicato il suo contributo».
La generazione di cassa operativa è stata di 3 miliardi nel secondo trimestre, in crescita del 12% rispetto allo stesso periodo del 2017, e di 5,2 miliardi nel semestre, con un incremento del 13%. «La generazione di cassa consolidata — ha sottolineato Descalzi — è nettamente cresciuta, spinta dal prezzo del Brent e dalla maggiore produzione con un contributo per barile che sale a 20 dollari, consentendoci di confermare la riduzione a 55 dollari al barile della nostra cash neutrality per il 2018».
Quanto alla raffinazione e alla chimica, lo scenario in flessione «ha comportato una riduzione del contributo di questi business che si sono comunque mantenuti positivi — ha sottolineato Descalzi — grazie alla ristrutturazione avviata negli anni passati». Se comparata alle altre big del settore, Eni ha registrato performance migliori: +36% la crescita semestrale del Cane a sei zampe, +17% quella di Total e +12% Shell. La Borsa ieri ha reagito tiepidamente perché il mercato si aspettava di più e il titolo ha chiuso perdendo lo 0,67% a 16,20 euro.