«Il fintech? Per resistere i bancari diventeranno psicologi del risparmio»
Doris: oggi usare le app è come lavorare allo sportello, i posti si salvano con la specializzazione
Ennio Doris, 78 anni, fondatore, presidente, primo azionista e anima di Mediolanum, il colosso bancario e del risparmio gestito da 4,8 miliardi di valore di Borsa, ha un’idea chiara delle banche nei prossimi anni: «Saranno senza travet. Quando uso il cellulare per un bonifico l’impiegato di banca lo faccio io. I lavori ripetitivi verranno automatizzati grazie alle fintech, quindi ci saranno meno bancari. Elimino dieci travet, di bancari ne basteranno due».
E che faranno questi due?
«Saranno bancari specializzati, che conoscono il cliente. Saranno dei medici, degli psicologi del risparmio. Stimo 100 mila posti in meno in Italia in 15 anni. E tocca ai manager guidare il cambiamento. L’insegnamento che Sergio Marchionne lascia ai manager è questo. Ha detto “Vivere significa cambiare”. Se le aziende non si adattano ai cambiamenti e non cercano addirittura di cavalcarli sono destinate a uscire dal mercato. Marchionne l’ha capito. È stato un grandissimo manager».
Tra i banchieri, chi ha capito questa lezione?
«Uno è Carlo Messina (ceo di Intesa Sanpaolo, ndr). Vede, nel mondo bancario c’è una concorrenza enorme e c’è una rivoluzione che fa sparire le filiali, riducendo i costi. Naturalmente va fatto non dalla sera alla mattina, ma il cambiamento è irreversibile. Le filiali devono chiudere e quelle che restano dovranno cambiare. L’altro aspetto sono i ricavi, che vanno massimizzati, come un supermercato che mette degli sconti-civetta per attrarre il cliente e fargli comprare la carne oltre al latte. Messina lo fa: visto che il cliente gli dà fiducia, gli offre tutto quello che ha a che fare con la gestione di risparmio».
Che lavoro si farà in banca?
«Hsbc ha redatto un report delineando sei ruoli strategici per le banche del futuro: esperto in realtà virtuale; esperto di intelligenza artificiale; conversational interface designer; consulente universale; ingegnere dei processi digitali; gestore dei rapporti con i partner. A me interessa la quarta professione: secondo Hsbc il consulente universale deve avere buona padronanza della tecnologia e una conoscenza approfondita dei prodotti e dei servizi. E la conoscenza dei clienti, dov’è? Il bancario deve conoscere prima il cliente, e poi i servizi. Come il medico che deve conoscere il paziente per potergli dare quello che gli serve. Se per la sua malattia va bene l’antibiotico ma lui è allergico, il medico lo deve sapere. E poi magari indirizza il paziente dagli specialisti, nel nostro caso gli esperti di mutuo o di assicurazione».
La direttiva Mifid2 porta in questa direzione.
«Spinge, non porta, a fare questo. Gli esperti pensano che la conoscenza sia quella tecnica e che si debba assecondare il cliente. Ma se io ho un cliente che ha paura delle punture ma io so che deve farle, farò di tutto per convincerlo. Ecco perché il bancario deve essere anche psicologo».
Lei è stato un fan della prima ora, dei Pir, i piani individuali di risparmio introdotti dal governo Renzi per incentivare con vantaggi fiscali l’investimento nelle pmi quotate. Teme una marcia indietro del governo su questo?
«È una riforma fondamentale per il futuro del Paese. Oggi possiamo avere una disintermediazione dalle banche, guai se qualcuno la fermasse. Ma io credo sia una cosa irreversibile, se chiedono a banche e imprenditori vedranno che tutti vanno in questa direzione».
Siete ora nell’investment banking. Come procede?
«Serviva una banca che accompagnasse i piccoli imprenditori, abbiamo preso Diego Selva, banchiere di grande esperienza di Bofamerrill Lynch, con altre dieci persone; siamo diventati Nomad e abbiamo già aperto relazioni per merger & acquisition, quotazioni all’aim, l’emissione di minibond e advisory. Vedo che altri istituti ci stanno seguendo. Spaxs di Corrado Passera è un esempio. Noi vi abbiamo investito, mi auguro abbia successo».
d Stimo centomila posti di lavoro in meno nelle banche italiane in 15 anni
Le nomine hanno fatto emergere tensioni tra il ministro dell’economia, Giovanni Tria, e Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Teme future tensioni per la legge di Bilancio?
«Spero che lo spread non riparta, significa sprecare energie senza ottenere niente, quello che spendiamo in più per i tassi di interesse non lo avremo per la Flat tax. Quindi tutti dovrebbero darsi da fare per evitare che ciò accada. Bisogna rassicurare soprattutto il mercato estero. Ed è indispensabile che quello che dice Tria venga sostenuto dal governo: non è caduto dal cielo, è stato scelto dai due partiti. Immagino e spero che sia la normale dialettica interna. Se lo sono scelto loro, ora si fidino del loro manager».
d Marchionne lascia ai manager la lezione di cambiare: in banca Messina di Intesa l’ha capito d Spero che lo spread non riparta. Tria è il ministro voluto da Lega e M5S, ora gli diano retta