Fino all’ultimo oro I ragazzi del fioretto infilzano gli Usa Nessuno come l’italia
WUXI È l’oro della continuità, il terzo di fila al Mondiale. È il titolo del Gorilla, del Pinguino, del Cassa e del «Gittu», Alessio Foconi, Daniele Garozzo, Andrea Cassarà e Giorgio Avola, i fiorettisti che fanno a fette gli statunitensi e la loro protervia. Vedendoli ancora un gradino sotto il podio più alto, come nel 2017, anzi peggio perché a Lipsia avevano perso di quattro punti mentre stavolta, nella riedizione della finale, su di loro si è abbattuta una colata da 11 stoccate, Daniele l’olimpionico non sta zitto: «Si erano allargati parlando di un’italia umiliata. E avevano pure lanciato un tweet: “Siamo qui per fare la storia”. Nell’annata hanno sempre vinto, però i conti si fanno alla fine. Ci rivediamo tra dodici mesi».
Andrea Cassarà ha una riflessione sulla punta della lingua, ma la bisbiglia appena perché sa di violare il sancta sanctorum della scherma: «Vi siete accorti che è la prima volta dopo chissà quanto tempo che abbiamo vinto noi e non le fiorettiste?». Massì, a volte si può anche parlare male di Garibaldi, tanto non c’è rivalità, semmai solo affetto (e amore, nel caso di Garozzo e della Volpi), tra maschi e femmine dell’arma di punta. Così a Giorgio Avola, che dopo «aver immaginato gli assalti contro gli americani» è stato costretto a saltare la finale per un infortunio nel riscaldamento, viene una battuta: «Se le ragazze sono il Dream Team, noi siamo lo Scream Team, quelli che si gasano urlando».
La perfezione in pedana. Tecnica e cuore da duri «per onorare la promessa che ci eravamo fatti» aggiunge Alessio Foconi. Il Gorilla che di soprannome fa anche Ducketto, uomo del duplice oro e personaggio del Mondiale («Accetto il titolo: ho pure gli arretrati da prendere, sono giunto tardi alla gloria… »), è stato la chiave del match. Garozzo s’è impappinato contro Imboden (da più 2 a meno 1) e Foconi è scivolato sull’11-14 contro Chamley-watson, il modello che vive tra Manhattan e Londra. Ma Alessio s’è ripreso subito e ha concluso al comando (15-14). È stata la culla dell’allungo — parziale: 30 a 20 — che ha spappolato gli americani.
«Abbiamo galoppato l’onda amica che ci veniva incontro» spiega Ducketto-foconi. Il c.t. Andrea Cipressa bacchetta: «Se sei spocchioso, poi devi vincere... L’atteggiamento degli americani ci ha aiutato, ma il segreto è stato fare scherma senza cadere nelle provocazioni: io stesso mi sono violentato incitando poco. La morale? Siamo ancora i migliori». Sipario. È il momento delle sintesi che descrivono il gruppo (Garozzo: «Non c’è un leader, siamo un corpo unico») e di una riflessione di Andrea Cassarà, il veterano che a 20 anni vinceva un oro olimpico a squadre e che a 34 ragiona, sempre da vincente, come un debuttante: «Ho “vissuto” varie squadre. Qualcuna aveva più talento, ma questa è quella dal volto più umano. Vogliamo i Giochi di Tokyo per prenderci
La storia
Rivincita sugli americani, Garozzo: «Si erano allargati, volevano fare la storia, ma l’abbiamo fatta ancora noi»
quello che ci manca».
L’italia chiude alla grande il Mondiale di «mid term», nel cuore dell’avvicinamento olimpico: primato nel medagliere e tra le nazioni. Rispetto a un anno fa ci sono meno podi — sette contro nove —, ma c’è maggiore qualità grazie a tre ori individuali su quattro (nel 2017 erano tre su quattro di squadra). La rotta è giusta, a patto però di non ignorare gli ostacoli che galleggiano qua e là (la spada, Navarria a parte, ha bisogno di vitamine) e un pericoloso iceberg. Ci riferiamo alla Errigo e al suo sogno «duale» di cercare il pass per Tokyo sia nel fioretto sia nella sciabola. Il presidente Giorgio Scarso anticipa gli eventi: «Arianna dovrà scegliere: se non lo farà, la Federazione avrà l’obbligo istituzionale di guidarla all’impiego più corretto». Traduzione: sarà solo fiorettista.