«Dobbiamo prepararci a ondate più lunghe e tre volte più intense»
L’esperto: il clima cambia in fretta, l’uomo no
L’ondata di calore che nelle ultime settimane ha investito le alte latitudini dell’emisfero nord va interpretata come un’anomalia o dobbiamo iniziare a pensare che siamo nella fase iniziale della «nuova normalità»? «La situazione attuale si sovrappone quasi perfettamente con la simulazione climatica che noi chiamiamo Rcp8.5, che ipotizza lo scenario più negativo», spiega Gianmaria Sannino, climatologo e responsabile del laboratorio di modellistica climatica dell’enea.
Perché il caldo attuale ha investito l’europa del Nord e le aree artiche?
«Le temperature più alte fanno fondere i ghiacci polari. Se manca il ghiaccio che riflette i raggi solari, il mare — che è più scuro — assorbe una maggiore quantità di calore. Il risultato è che la stagione successiva dev’essere più fredda della precedente solo per riformare la stessa superficie ghiacciata. È un meccanismo che si autoalimenta (“feedback”) e che porterà allo scioglimento totale in estate della calotta polare anche prima del previsto».
Dipende tutto dallo scioglimento dei ghiacci artici, la cui superficie massima è scesa di oltre 1,16 milioni di chilometri quadrati rispetto alla media dei decenni scorsi?
«La situazione è molto più complessa e coinvolge diversi fattori. Il riscaldamento dell’area polare fa diminuire la differenza di temperatura tra tropici e artico. Ciò indebolisce la corrente a getto circumpolare, una sorta di nastro di aria che soffia ad alta velocità da ovest verso est a circa 10 chilometri di altezza. Il flusso di questa corrente, però, non è lineare ma si piega come i meandri di un fiume. Se la velocità rallenta, le “anse” al posto di scorrere in avanti restano stazionarie sopra una regione facendo affluire aria più calda dalle basse latitudini. Si stabilizzano zone di alta pressione con precipitazioni scarse o nulle. Ecco perché da settimane la Scandinavia, l’inghilterra e il nord della Germania stanno registrando temperature che sfiorano o superano i 30 gradi».
Questi fenomeni sono già avvenuti in passato?
«Una situazione analoga si è verificata in Russia nel 2010, quando per settimane la colonnina di mercurio rimase fissa sopra i 40 gradi. Se prima si pensava che si trattasse di un fatto eccezionale, che poteva verificarsi una volta ogni mille anni, le simulazioni climatiche che eseguiamo in base ai dati registrati indicano che entro la fine del XXI secolo questa sarà la nuova normalità. Quello che osserviamo oggi non è altro che una finestra sul futuro».
Cosa possiamo fare?
«Dobbiamo agire in fretta, come indicato negli Accordi di Parigi sul clima, e diminuire drasticamente la CO2 e gli altri gas a effetto serra che immettiamo in atmosfera. Purtroppo stiamo facendo troppo poco e molto lentamente, mentre il clima si modifica con rapidità. Non siamo messi bene, ma non siamo ancora
Il problema dei Poli
Le alte temperature fanno fondere i ghiacci; senza questi a riflettere i raggi solari il mare assorbe ancora più calore e il meccanismo si autoalimenta
Le scelte politiche Dobbiamo agire in fretta e diminuire drasticamente le emissioni di anidride carbonica. Anche la Casa Bianca di Trump ormai ne è consapevole
in un vicolo cieco: si può intervenire con provvedimenti politici ed economici coraggiosi e collettivi».
Quali sono le conseguenze per le regioni mediterranee e l’italia in particolare?
«Nella scorsa estate siamo stati investiti da un’ondata di calore lunga e persistente con tassi di umidità altissimi. Quest’anno è andata complessivamente meglio, anche se la prossima settimana si sfioreranno i 40 gradi. Ma per giudicare il clima non ci si deve basare sulle sensazioni che viviamo giorno per giorno. Il rischio è che a fine secolo le ondate di calore nel Mediterraneo possano diventare tre volte più intense e più lunghe di oggi».
Per quale motivo?
«Il mare è il motore del clima a lungo termine. Tra febbraio e marzo le acque superficiali delle zone più fredde del Mediterraneo affondano portando in profondità calore e ossigeno. Negli scenari futuri, se il mare si riscalda, questo scambio tenderà a ridursi. Con spiacevoli conseguenze per tutte le regioni circostanti in termini di caldo soffocante ed eventi estremi come bombe d’acqua e alluvioni».
I cambiamenti climatici in atto hanno cause umane?
«Non ci sono più dubbi. Persino gli Stati Uniti, con l’avvallo della Casa Bianca di Donald Trump, lo scorso anno hanno dovuto ammettere nel rapporto National Climate Assessment che il global warming è imputabile alle attività umane con una certezza compresa tra il 95 e il 100 per cento».