Corriere della Sera

La maggioranz­a per la Tav: ora parliamo noi

- di Marco Imarisio

Anche il Napoleon non è più lo stesso. L’hotel che negli anni degli scontri e della resistenza attiva, così allora la chiamavano i No Tav, era considerat­o il simbolo del collaboraz­ionismo con gli invasori dell’alta velocità, adesso ha una facciata e una clientela tutta nuova.

Dopo sei mesi di chiusura per lavori, ha riaperto come albergo tematico dedicato alle due ruote. Al posto degli agenti dei reparti mobili spediti da ogni parte d’italia a presidiare il cantiere di Chiomonte, adesso ci sono ciclisti e motociclis­ti.

E almeno ora di notte si dorme tranquilli, senza più le ronde degli attivisti più radicali che facevano la battitura per rovinare il sonno ai poliziotti e incidevano svastiche sulle auto delle cameriere. Tutto intorno, pure il centro di Susa è cambiato, con i vecchi caffè sostituiti da locali più moderni, meno paese e più città. «Si vive meglio, certo» racconta Patrizia Ferrarini, titolare dell’albergo e presidente dell’associazio­ne commercian­ti della Val Susa. «Non c’è più la paura quotidiana che possa scapparci il morto. Ma il contesto rimane quello di una ostilità diffusa, solo più strisciant­e».

L’unica cosa che non cambia in questo lembo boschivo d’italia è il silenzio della sua maggioranz­a silenziosa. Amministra­tori, imprendito­ri, commercian­ti, operai, pensionati, favorevoli al treno veloce, che in questo decennio segnato dalle contestazi­oni all’opera, hanno sempre marciato in ordine sparso, regalando agli avversari il privilegio di sentirsi moltitudin­e. Alle ultime elezioni politiche le liste No Tav, Movimento 5 Stelle e Potere al popolo, hanno perso il 23% rispetto al 2013. Negli ultimi due anni non si è mai andati oltre le duemila persone per manifestaz­ione. Eppure, la sola voce che si leva è quella No Tav. «L’ostracismo è un elemento decisivo» continua Ferrarini. «Le amministra­zioni No Tav non ti mandano i clienti, non fanno lavorare chi non è con loro. Per chi ha delle comunità o delle aziende da mandare avanti, il meno peggio è adeguarsi. E quindi tacere».

La conferma dell’esistenza di un condiziona­mento ambientale arriva dalla laconicità di Giovanni Marcon, titolare di due aziende di materie plastiche a Bussoleno, la capitale No Tav, uno dei pochi imprendito­ri locali a essersi esposto a favore della Torinolion­e. «Lavoro più in Francia che a casa mia. Le commesse delle amministra­zioni No Tav finiscono sempre ai soliti noti. Diciamo che la Val Susa è un posto molto particolar­e». L’ex amministra­tore delegato di Iren Roberto Garbati è tornato nella sua Chiomonte per aprire Imprend d’oc, una associazio­ne che ambisce a raccoglier­e gli indigeni delle partite Iva. «Qui vige il principio rovesciato della Dc e dei Berlusconi: a parole tutti contrari alla Tav, ma nelle urne poi votano a favore. Non è un caso che la Lega, quella prima dell’accordo con M5S, abbia fatto il pieno. Ma qualcosa sta cambiando. C’è meno paura di nuove discrimina­zioni. Ben venga un referendum sull’opera, ci darebbe la possibilit­à di farci sentire, oltre che di contarci».

La vulgata dei primi anni duemila metteva alla testa dei No Tav il partito dei sindaci. Ma l’abituale divisione tra alta e bassa valle, favorevole la prima, contraria la seconda, è meno netta di qualche anno fa, con i comuni di Chianocco, San Giorgio di Susa, Rosta e Buttiglier­a passati ad amministra­zioni favorevoli all’opera, con Rubiana, paesino nell’epicentro della protesta che per non stare in compagnia dei duri e puri ha cambiato addirittur­a comunità montana. Ieri Riccardo Joannas, primo cittadino di Salbertran­d, è sceso a Torino all’incontro organizzat­o da Confindust­ria Piemonte per leggere la lettera che ha scritto a Danilo Toninelli. «Caro ministro, venga a farsi un giro da noi. Non abbiamo lavoro. Sono io che ho chiesto l’apertura dei cantieri nel mio territorio. Li ritengo una delle poche possibilit­à di dare un salario a tanti giovani disoccupat­i della valle. E se i ragazzi scappano, il paese muore. Come sindaci, ci opporremo in ogni modo alla sospension­e della Tav».

Ezio Paini è il decano degli amministra­tori dell’alta valle. La sua Giaglione e l’ultima propaggine della Savoia dove si parla ancora un dialetto franco provenzale. L’unica strada per raggiunger­e il cantiere di Chiomonte, era un pezzo della via Francigena che passava dalle frazioni più popolose del paese. Nel 2012 venne cacciato da Rifondazio­ne comunista per aver commesso abiura a favore della Tav. Si ricandidò, e vinse ancora. «Il Movimento No Tav si regge ormai su una finzione. In Valle si è sgonfiato, ai cortei viene quasi esclusivam­ente gente da fuori. La pressione del biennio 20112013 è un ricordo, i militanti più estremi vivono nella paura che qualcuno scopra la nudità del re e la sua propaganda. Per questo, bisogna darsi una mossa. Ora, o mai più».

Ostilità diffusa

Gli anni degli scontri? «Ma il contesto rimane quello di ostilità diffusa, solo più strisciant­e»

 ??  ?? In prima linea Patrizia Ferrarini guida l’associazio­ne dei commercian­ti della Val Susa ed è inoltre titolare del Napoleon, l’albergo degli anni degli scontri
In prima linea Patrizia Ferrarini guida l’associazio­ne dei commercian­ti della Val Susa ed è inoltre titolare del Napoleon, l’albergo degli anni degli scontri

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy