Corriere della Sera

«Noi contro loro Ecco come può formarsi l’idea»

- Elena Tebano

Più volte dopo le aggression­i di questi giorni si è sentito dire che il razzismo non c’entra. Lei è d’accordo?

«La giustifica­zione è “l’abbiamo fatto perché era un ladro, non un migrante, quindi non siamo razzisti”. Pensiamo che lo sia solo chi aderisce a teorie compiute sulla superiorit­à della “razza” bianca. Non è così, conta il meccanismo di pensiero alla base: considerar­e meno umana la persona che appartiene a un gruppo diverso dal nostro». Chiara Volpato insegna Psicologia sociale all’università Bicocca di Milano e sui processi di pensiero alla base del razzismo ha scritto un libro, Deumanizza­zione, per Laterza.

Cosa intende?

«Uccidere una persona perché potrebbe rubare significa presupporr­e che non è uguale a noi, considerar­la meno che un essere umano, una “bestia”, “inferiore”. È il processo di pensiero comune a tutte le forme di violenza basate su odio e pregiudizi­o, alla persecuzio­ne dell’altro in quanto tale: che sia ebreo, gay o marocchino. È emblematic­o in questo senso anche quello che è successo al giovane indiano morto a Caserta».

Si riferisce al bracciante agricolo abbandonat­o alla stazione di Caserta, morto poi in ospedale per disidrataz­ione e denutrizio­ne.

«Se ne è parlato poco, ma è stato trattato letteralme­nte come un oggetto, uno strumento che quando non serve più può essere buttato via. Meno che umano, al punto che neppure lo hanno portato da un medico».

Pensa che influisca quello che Mattarella ha chiamato «clima da far west»?

«Sì. C’è una legittimaz­ione indiretta da parte della politica, un costante “noi” contro “loro”. Se rappresent­anti delle istituzion­i parlano dei migranti sempre e solo in termini negativi e alimentano la paura dicendo che sono tutti delinquent­i, si crea uno spazio in cui le persone sono legittimat­e a sfogare i loro peggiori istinti. Diventa un via libera di fatto alle pulsioni razziste».

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Chi è Chiara Volpato, 66 anni, docente di Psicologia sociale

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