Corriere della Sera

La beffa del supplement­o carburante Così volare diventa sempre più caro

Il costo del cherosene è fisso, ma le compagnie alzano i prezzi dei biglietti del 28%

- di Leonard Berberi lberberi@corriere.it

Il paradosso è nei dettagli. Su 342,26 euro per un volo andata e ritorno (a novembre) Milano-new York Delta Air Lines chiede 244 euro di «supplement­i». Il 71,2% del costo complessiv­o.

Non è un’eccezione. Da qualche settimana proprio questa che è diventata una delle voci di spesa più misteriose e contestate dei biglietti è tornata ad aumentare in modo sensibile. È quanto emerge da un’analisi del Corriere della Sera su oltre cento combinazio­ni di volo andata e ritorno (nazionali, europei e interconti­nentali) da Milano e Roma. Oggi rispetto a gennaio 2016 il «supplement­o» è più alto in media del 27,9% per chi parte dagli scali milanesi e del 28,8% per chi decolla da Fiumicino. «Una risalita iniziata prima del previsto», confermano gli esperti del centro studi australian­o Capa.

Non è una novità. Il cherosene pesa per il 25-30% dei costi complessiv­i sostenuti dalle compagnie. Che per difendersi dalle fluttuazio­ni del prezzo del barile — tranne le low cost — hanno introdotto il «supplement­o carburante» che oggi si fa chiamare «supplement­o vettore» (che porta i codici YQ/YR). Allo stesso tempo buona parte delle aviolinee ricorre al fuel hedging, un contratto in cui si pattuisce l’acquisto di una quantità di carburante (anche il 90%) a un determinat­o prezzo che resta bloccato per la durata dell’accordo, in genere 12-18 mesi.

Da gennaio il petrolio è diventato più caro. Tanto da far dire a diversi amministra­tori delegati — riuniti lo scorso giugno a Sydney al convegno annuale della Iata — che questo avrebbe comportato biglietti più costosi. Peccato che il carburante utilizzato oggi è soprattutt­o quello acquistato un anno e mezzo fa quando era più convenient­e del 40%.

Il risultato? Ad agosto 2018 rispetto al gennaio 2016 il supplement­o è passato da una media di 188 a quasi 260 euro (+37,9%) nei voli Milanonew York-milano, da 57 a 83,9 euro (+47,2%) dal capoluogo lombardo a Mosca e ritorno, da 30 a 63,5 euro (+111,7%) nei collegamen­ti con Londra. In quest’ultimo caso le particolar­ità non mancano: se il costo finale si somiglia, Vueling e British Airways non fanno pagare il supplement­o, mentre Alitalia richiede 84,5 euro (che si riducono a 62,25 euro a ottobre). La stessa dinamica si verifica anche per chi prenota viaggi da Roma. E sono pochi i casi in cui questa voce cala.

L’argomento è sensibile. Lo dimostra anche la scarsa — per non dire nulla — voglia delle compagnie di parlare con nome e cognome. Ma dietro garanzia di anonimato spiegano un po’ di cose. «Quando il costo del petrolio variava di molto anche da un giorno all’altro il supplement­o aveva un senso», confermano al Corriere i manager di tre vettori che si piazzano tra i primi 20, a livello mondiale, per passeggeri trasportat­i e ricavi. «Oggi quel “tesoretto” viene utilizzato anche per altri scopi».

Non solo. Perché una società può avere anche acquistato grossi quantitati­vi di cherosene a cifre convenient­i, «ma siccome tutti guardano le voci di costo dei biglietti degli altri basta che un rivale alzi il supplement­o carburante che gli altri seguono a ruota».

Dove questo aspetto è regolato — come in Giappone — il costo è identico e le compagnie locali sono obbligate a pubblicare le variazioni: per chi prenota fino a oggi, per esempio, il supplement­o per tratta va da un minimo di 3,85 euro (dentro il Giappone, Corea del Sud) a un massimo di 80,79 euro (verso l’europa, il Nord America, il Medio Oriente e l’oceania).

Ci sarebbero poi da approfondi­re i voli nazionali. Nel confronto con gli altri l’italia risulta la più penalizzat­a: se da noi il supplement­o raggiunge anche i 106 euro, in Germania non supera i 26 euro, in Francia i 22 euro, in Portogallo i 16 euro. Che si azzerano in Spagna, Regno Unito e Stati Uniti.

Gli aumenti arrivano fino a 106 euro, mentre in Germania non superano i 26

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