IL GRANDE BLEK
La collana Nato dalla matita del trio torinese Essegesse, l’eroe tutto d’un pezzo che negli anni Cinquanta e Sessanta arrivò a vendere 400 mila albi e fu reinterpretato nei Paesi dove era stata più forte la Resistenza antifascista Le avventure ingenue e eroiche del capo riconosciuto dei «trapper»
nudo indossa solo un gilet di pelliccia aperto sul davanti, mentre in testa porta il tipico copricapo alla Davy Crockett. È il capo riconosciuto dei trapper: gente alla buona, onesta e laboriosa, che vive nelle foreste cacciando animali dalle pelli pregiate e nutre una sana diffidenza verso i «damerini» di città. Ma quando i rapporti con il governo coloniale inglese precipitano, per le continue angherie subite, non resta loro altro da fare che scendere in guerra per conquistare la libertà contro le odiate giubbe rosse della corona di Londra.
Benché collocate in un contesto storico preciso, tanto che la prima avventura si svolge precisamente nel 1774, alla vigilia della guerra d’indipendenza americana, le gesta di Blek sono ampiamente sconnesse dagli eventi reali di allora: del resto il Maine non era una delle tredici colonie che andarono a costituire gli Stati Uniti. Quella che combatte il coraggioso trapper è una guerriglia a sé stante, che richiama anzi per molti versi la lotta partigiana, di cui nell’italia degli anni Cinquanta era ancora fresco il ricordo. In effetti, come è stato notato, la crudeltà dei soldati inglesi raffigurati nelle storie di Blek, con il loro accanimento sulla popolazione civile, ricorda senza dubbio il comportamento degli occupanti tedeschi
durante il secondo conflitto mondiale.
Il fascino dell’ingenuità
C’è qualcosa d’ingenuo in questi fumetti, che è il loro limite ma in fondo anche il loro fascino, soprattutto per chi li ha amati nell’infanzia. Il mondo si divide in buoni e cattivi, avidi e disinteressati, leali e perfidi. Ingenuo ci appare lo stesso Blek, per come cade a volte nei tranelli tesi dai nemici, di cui riesce però a sventare le insidie con il suo valore.
Anche per ovviare a questa debolezza del protagonista, gli autori gli hanno affiancato, in aggiunta al monello Roddy, un personaggio più smaliziato, il bizzarro professor Occultis, a metà strada fra lo scienziato e il ciarlatano: un maestro di raggiri (ma pronto a rischiare la vita per la causa), che spesso trae in inganno le giubbe rosse, anche se a volte combina pasticci. Il fatto è che questi inglesi, già abbastanza pavidi, solitamente si dimostrano anche piuttosto stupidi, non così difficili da beffare.
Un elemento che colpisce in Blek è l’assenza di personaggi femminili fissi e rilevanti: anche se emana un evidente fascino virile, tanto che a salvarlo nella sua prima avventura è la figlia del malvagio governatore britannico, chiaramente invaghita di lui, l’erculeo eroe non ha una fidanzata tipo la Minnie di Topolino o (per rimanere alle creature di Essegesse) la Susy di Capitan Miki. Sembra troppo preso dalla sua missione.
Di certo questa lacuna non ne compromise la popolarità: gli albi di Blek negli anni Cinquanta e Sessanta arrivarono a vendere 400 mila copie e il personaggio venne poi ripreso e reinterpretato da autori stranieri in Francia, Jugoslavia e Grecia. Guarda caso, in Paesi dove la Resistenza antinazista aveva avuto un particolare rilievo. Forse perché l’unico amore del biondo trapper è appunto la libertà.