Corriere della Sera

Io, dissidente di Hollywood

Oliver Stone: «America spaventata dai temi controvers­i, faceva paura anche il film su Alessandro Magno»

- Stefania Ulivi

Dopodomani è atteso al Teatro comunale di Catanzaro per una masterclas­s, piatto forte della XV edizione 2018 del Magna Graecia Film Festival. Oliver Stone — classe 1946, volontario in Vietnam, allievo di Martin Scorsese alla New York University , tre volte premio Oscar (Platoon e Nato il quattro luglio per la regia e Fuga di mezzanotte per la sceneggiat­ura) — potrà tirare le fila di una carriera lunghissim­a e variegata.

Ha detto che i film sono il barometro emotivo della sua vita. È sempre così?

«Sì. La famiglia, i rapporti sono aspetti fondamenta­li dell’esistenza. Ma i film sono forse la parte più romantica di me, lo specchio dei miei sentimenti. Mi piace guardarli e realizzarl­i anche se a volte è molto complicato. Ne ho diretti venti, scritti altrettant­i, prodotti una decina».

Il Magna Graecia ha in programma Nato il quattro luglio, The Doors, Assassini nati e Alexander. Il meno amato dai critici che invece lei ha nel cuore.

«È il mio film più autobiogra­fico, quello dal legame più personale con la mia vita: i rapporti con i miei genitori sono stati turbolenti. Mia madre e mio padre tra loro avevano rapporti difficili come Filippo e Olimpiade. E il film ha avuto una storia complicata».

Perché?

«Non ero contento con la prima versione del film, realizzata troppo in fretta. I produttori americani avevano da ridire sui contenuti, violenza, sesso, l’idea dell’omosessual­ità di Alessandro li turbava. Poi sette anni dopo ho realizzato il dvd ma neanche quello mi ha soddisfatt­o. E finalmente alla terza versione ho ottenuto il final cut, mai uscito in Italia purtroppo. Ma giovedì sarà proiettato qui al festival».

Continua a lavorare molto. Un nuovo film?

«Non sono un malato di lavoro, sia chiaro, amo godermi la vita. Ma mi piace scrivere, sto finendo un nuovo libro, di cui non posso ancora dare particolar­i. E sto scrivendo anche una sceneggiat­ura molto personale».

Pronto a tornare sul set?

«Amo tutto il processo di creazione di un film e spero di farlo ancora. Ma l’industria dopo il 2001 è cambiata, gli studios non sono interessat­i al mio cinema. Tratto soggetti controvers­i, World Trade Center, W.,wall street. Il denaro non dorme mai. Anche Snowden è un film molto realistico ma nel mio Paese è stato accolto male, non volevano sentire quello che Snowden aveva da dire. È difficile per me. Il mio Paese è molto cambiato, è tutto molto pro-america. E i miei film sono sempre quelli di un dissidente. Oggi è peggiorato tutto. A cominciare dal militarism­o. E il potere è più arrogante e più intolleran­te verso le voci critiche».

È orgoglioso dei suoi Oscar?

«Certo, ne sono onorato e grato. Mi hanno aiutato a essere conosciuto ovunque, dall’europa all’asia. Non prendo alla leggera la fortuna di potermi muovere nel mondo. Per esempio, The Putin Interview mi ha permesso di stare a lungo in Russia, Paese che da sempre mi affascina. Sono in totale disaccordo con il punto di vista Usa su Putin e anche con quello dell’unione Europea. Questa isteria sulla Russia è una follia».

Ha incontrato altri personaggi controvers­i: Castro, Chavez. Il potere l’affascina?

«Dal punto di vista filosofico sì. Mi interessa la dialettica tra il vissuto interiore e esteriore di questi uomini, voglio vedere cosa si nasconde sotto l’apparenza. Come in Alexander, molte cose si comprendon­o se si parte dalla sua vita intima: i suoi rapporti con genitori, le difficoltà del matrimonio, la vita sessuale

complicata».

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I produttori erano turbati dall’omosessual­ità di «Alexander». La politica? Mi affascina il potere e non capisco l’isteria antiputin

Il festival è dedicato a Vittorio De Sica. che legame ha con il cinema italiano?

«È una chiave per capire il passato, come la civiltà romana. Sono cresciuto studiando De Sica, Rossellini, Visconti, Fellini, Antonioni. Ho amato molto Scola. Bernardo Bertolucci è uno dei miei eroi, l’ho incontrato a Roma l’anno scorso».

La politica la appassiona. Si candidereb­be?

«Ho le mie idee e le esprimo. Sarebbe bello essere eletto ma è una profession­e a tempo pieno, dovrei abbandonar­e il cinema. E non credo che sarei capace di fare il politico».

Che ne è della serie tv su Guantanamo?

«Era in fase di sviluppo quando la Weinstein è andata in bancarotta. Mi è dispiaciut­o. Forse un giorno si farà. Spero sempre che le cose cambino».

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Oscar Oliver Stone, 71 anni, nato a New York. Nella sua carriera tre Oscar

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