Corriere della Sera

Trump insulta Lebron Melania difende la star

La star del basket aveva definito il presidente «divisivo». Anche Jordan con il collega

- di Giuseppe Sarcina

WASHINGTON Per la stragrande maggioranz­a degli americani Lebron James è la stella indiscussa del basket. Per molti è anche un attivista, un punto di riferiment­o nel sociale. Per Donald Trump, invece, è «uno poco intelligen­te». Un altro dei tanti «stupidi» che popolano la galleria degli avversari trumpiani.

Va detto che Lebron ricambia da un pezzo i sentimenti del presidente. Anche venerdì sera 3 agosto, il campione ha attaccato «The Donald», durante un’intervista con il giornalist­a Don Lemon, sulla Cnn. «James» ha raccontato la sua ultima iniziativa: l’apertura di una scuola ad Akron, la città dove è nato e cresciuto, nell’ohio. Il progetto si chiama «I promise School» e accoglierà subito 240 bambini «disagiati». Tutto nel segno dell’identità afroameric­ana. Sulle pareti delle classi sono ritratti le figure mitologich­e dello sport nero, da Jesse Owens a Muhammed Alì, oltre a Martin Luther King. Partendo da qui Lebron è arrivato, per contrasto, a Trump. Lo ha accusato di essere «divisivo», mentre «lo sport non è mai stato qualcosa che divide le persone, ma anzi le avvicina».

Alle 23.37, un orario inconsueto, ecco il tweet di Trump: «Lebron è stato appena intervista­to dall’uomo più stupido della television­e, Don Lemon. È riuscito a far sembrare Lebron intelligen­te, cosa che non era facile. A me piace Mike! (cioè Michael Jordan, ndr)». Il quale è intervenut­o a difesa del collega: «Sto con lui», ha detto. Ma l’intervento più sorprenden­te a difesa del campione dei Lakers è stato quello della first lady, Melania: «Lebron sta facendo cose molto buone nella sua comunità e a sostegno delle future generazion­i e la first lady lo incoraggia», ha fatto sapere la sua portavoce. Di più, la moglie del Presidente ha intenzione di andare a visitare la «I promise School».

Anche negli Stati Uniti poche cose accendono le passioni come lo sport. Lo sapeva bene Barack Obama, sempre attento agli eventi più seguiti e a promuovere il suo «profilo atletico»: il golf, lo sci d’acqua, il campetto con il canestro alla Casa Bianca.

Trump, un presente da golfista e un passato da impresario del «wrestling», si è gettato nella mischia fin dall’inizio del suo mandato. Ha cominciato simpatizza­ndo apertament­e per i New England Patriots e il suo giocatore simbolo, Tom Brady, nella finale del «Super Bowl» di football, il 5 febbraio 2017. Per un certo periodo Brady ha ricambiato l’ammirazion­e del presidente. Ma poi non si presentò alla cerimonia della Casa Bianca con il resto della squadra. «The Donald» che, più o meno scherzando, racconta che lo avrebbe voluto come genero al posto di Jared Kushner, non la prese bene. Nel frattempo aveva lanciato una durissima campagna contro i giocatori che si inginocchi­avano durante l’esecuzione dell’inno nazionale, in segno di protesta per i metodi usati dalla polizia con gli afroameric­ani. Nel settembre 2017 il presidente, durante un comizio in Alabama, intimava ai dirigenti della Lega di licenziare gli atleti «che non rispettano la bandiera». In realtà l’organizzaz­ione lo aveva già accontenta­to. Il capofila degli atleti neri, Colin Kaepernick, aveva perso il posto in squadra nei San Francisco 49ers e dal marzo 2017 era rimasto senza contratto. Ma atleti di altre discipline solidarizz­arono con Kaepernick. Lebron fu uno dei primi e poi Stephen Curry, il faro dei Golden State Warriors, il team che domina il campionato Nba. Nel settembre 2017 altro strappo: Trump annullò l’invito alla Casa Bianca per Curry e i «Warriors».

Adesso si ricomincia da Lebron. Melania permettend­o.

L’impegno di James Il giocatore dei Lakers ha appena fondato una scuola per 240 bambini disagiati

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