Corriere della Sera

INDUSTRIA, LA DANNOSA OSTILITÀ

Sviluppo negato L’atteggiame­nto avverso indossa per lo più i panni dell’ecologismo e ha trovato casa nei 5 Stelle La Lega, invece, vuole rendere possibile l’impossibil­e

- di Angelo Panebianco

Henry Morgenthau, segretario al Tesoro dell’amministra­zione Roosevelt durante la Seconda guerra mondiale è passato alla storia per il suo piano (fortunatam­ente mai attuato). L’idea era di riportare la Germania, a guerra conclusa, allo stato pre-industrial­e, di «rurarizzar­la» integralme­nte.

Ricordano il piano Morgenthau certi umori che circolano fra i sostenitor­i del governo e, in particolar­e, della sua componente pentastell­ata. Ovviamente, non c’è alcun piano, nulla di chiarament­e esplicitat­o. Ma si avverte in giro una diffusa aspirazion­e, espressa per lo più a mezza bocca, a farla finalmente finita con la modernità industrial­e. L’azione del governo tiene conto dell’esistenza di quella aspirazion­e. Nessuno ha ancora capito cosa gli attuali governanti intendano fare dell’industria metallurgi­ca (Ilva) nonché di Tav,

Tap e di tutto ciò che riguarda le scelte da cui dipende lo sviluppo economico futuro.

L’italia è sempre stata terra fertile per estremismi di ogni tipo. Ma qui sembra esserci qualcosa di nuovo (o di antico, ma che solo ora riaffiora con forza). Il partito comunista era anticapita­lista ma non era anti-industrial­e.

Non avrebbe potuto esserlo dato che puntava a egemonizza­re la classe dei salariati dell’industria.

Adesso è l’anti-industrial­ismo, più che l’anticapita­lismo, a tenere banco. Che altro significan­o gli slogan sulla decrescita felice?

La controprov­a è data dall’atteggiame­nto verso la scienza e il progresso tecnico-scientific­o. Ancora una volta vale il confronto con il Pci. Essendo un partito pro-industria il Pci non era affatto ostile alla scienza e al progresso tecnologic­o, ossia ai motori propulsori dell’industria, e della società industrial­e in variante capitalist­a o collettivi­sta. Ma ora la scienza è sotto attacco da parte di molti (come spiegare altrimenti l’incredibil­e, e devastante, vicenda dei vaccini?). Sono gli stessi che hanno l’aria di pensare che il progresso tecnico- scientific­o sia un’incombente minaccia da cui difendersi anziché un’opportunit­à da sfruttare.

È un riflesso «politicist­a», un errore madornale, attribuire sempre tutte le responsabi­lità, per qualunque cosa accada, alle forze politiche. Come se i politici fossero dotati di superpoter­i. I politici non inventano mai niente. Si limitano a cavalcare, esasperand­ole, tendenze già presenti per conto loro nei vari Paesi.

La domanda diventa: come è possibile che nella settima potenza industrial­e del mondo (o quel che ne resta) sia così intensa e diffusa l’ostilità per la società industrial­e? A occhio, almeno un terzo degli italiani (e forse anche di più) sembra contagiato dal virus anti-industrial­e. La diffusa ostilità per la scienza, per lo più, è stata interpreta­ta come espression­e di una più generale rivolta populista contro le caste (quella degli scienziati compresa). Ma conta anche l’anti-industrial­ismo.

Siamo in presenza di un enigma e non è facile venirne a capo. Forse gioca il fatto che ancora negli anni Cinquanta dello scorso secolo questo fosse un Paese prevalente­mente agricolo. Forse, il salto verso la società industrial­e è stato troppo repentino. Forse, sessanta-settant’anni sono pochi perché si disperda completame­nte la diffidenza, trasmessa agli attuali adulti da nonni e, qualche volta, anche da genitori, legati al (placido) mondo contadino di un tempo, per il caotico — perché fondato sull’innovazion­e permanente — mondo urbano-industrial­e. Forse, conta il sistema educativo, la tradiziona­le, mai corretta, vocazione anti-scientific­a della scuola italiana. Per non parlare della sua perdita di efficienza registrata in molte zone del Paese.  Motivazion­i sfuggenti È un vero enigma Forse, il salto verso la società manifattur­iera è stato troppo repentino

Zone nelle quali, a quanto pare, da diversi anni, un diploma non si nega neppure al più ignorante degli scolari. Se l’industria ha, come ha, nel progresso tecnico-scientific­o il suo motore e se sono davvero in tanti a non avere la più pallida idea di cosa siano scienza e tecnica, ne discende una diffusa diffidenza, che diventa facilmente ostilità, per ciò che non si comprende.

Forse, alcuni hanno creduto che quelle cose fossero ormai anticaglia in una «società dei servizi» o del terziario. Ma forse, più sempliceme­nte, questo diffuso orientamen­to anti-industrial­e si spiega facendo ricorso alla favola della volpe e dell’uva. In un Paese in cui da decenni non c’è crescita economica molti hanno finito per pensare che la crescita non serva a niente, anzi che sia dannosa: meglio la decrescita.

L’atteggiame­nto anti-industrial­e indossa per lo più i panni dell’ecologismo. Ma mentre la sensibilit­à ecologica è un utile correttivo contro le esternalit­à negative dell’industria (aiuta a frenare l’inquinamen­to), l’ecologismo, spinto all’estremo, diventa un’utopia reazionari­a. Per la quale lo sviluppo economico è il male, e industria, tecnica e scienza compongono una terna maledetta, sono strumenti di violenza e morte inflitte alla natura e agli uomini.

La sindrome anti-industrial­e ha trovato casa nei 5 Stelle. Poiché si usa per entrambe le formazioni il termine «populista», si perdono di vista le differenze fra i 5 Stelle e la Lega. Quest’ultima è afflitta da una diversa patologia. Non ha impulsi anti-industrial­i. Crede possibile l’impossibil­e, ossia che un sistema di piccole e medie imprese con una vocazione per l’export possa prosperare una volta che l’italia si sia sbarazzata dei vincoli europei, abbia fatto ricorso, in modo selettivo, a strumenti protezioni­sti, e abbia stretto più saldi legami politico-economici con la Russia e il suo capitalism­o di Stato. Chi pensa che il governo possa cadere spera che le differenti patologie facciano prima o poi esplodere un conflitto insanabile.

Nel frattempo constatiam­o che non abbiamo avuto nemmeno bisogno di combattere e perdere una guerra. Sono spuntati come funghi quelli che vogliono infliggers­i, e infliggere a tutti noi, un «piano Morgenthau» fatto in casa.

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