«Non può guidare il consiglio né riproporsi come candidato»
Caravita, uno degli esperti: ineludibile il giudizio della commissione
Si discute molto sulla posizione di Marcello Foa dopo la prima bocciatura. Due i temi: come consigliere anziano può avviare e coordinare i lavori del consiglio di amministrazione Rai? E soprattutto, potrebbe essere proposto ancora come presidente?
Professor Beniamino Caravita di Toritto, lei è ordinario di Istituzioni di diritto pubblico alla Sapienza. Che cosa ne pensa?
«Io parto dalla posizione costituzionale della commissione di Vigilanza come luogo istituzionale che esprime la volontà delle due Camere in relazione alla gestione del servizio pubblico radiotelevisivo. Serve a garantire la necessità del pluralismo alla luce dell’articolo 21 della Costituzione e delle sentenze della Corte Costituzionale del 1974 e del 1975. Il mio giudizio è che, dopo il mancato parere positivo dei due terzi della Vigilanza previsto dalla legge, la permanenza di Foa sarebbe una elusione del giudizio della commissione».
Vuol dire che Foa non può agire come se fosse un presidente, magari convocando il Cda per le nomine?
«Foa può convocare il consiglio eventualmente solo per nominare un altro presidente ma non può farne partire l’attività».
C’è chi cita il caso di Francesco Alberoni, consigliere anziano dal maggio 2004 al maggio 2005 dopo le dimissioni di Lucia Annunziata.
«Era un caso ben diverso: lì un presidente era stato nominato, si era dimesso ed era stato sostituito pro tempore dal consigliere anziano. Qui no: il Cda Rai non ha mai cominciato a funzionare veramente proprio
Da consigliere anziano Foa può convocare il Cda eventualmente solo per nominare un altro presidente ma non farne partire l’attività
per il voto negativo in Vigilanza».
In area Lega si ipotizza la riproposizione di Foa alla Vigilanza, magari dopo un nuovo voto. Una nuova candidatura di fronte alla commissione. Si può fare?
«Anche qui ci sarebbe una palese elusione della volontà delle due Camere resa attraverso la commissione di Vigilanza che esprime il suo parere alla luce della natura di Servizio pubblico della Rai. In più si aggiungerebbe il rischio di un inquinamento dei rapporti tra il Parlamento e il governo, con la Vigilanza che si ritroverebbe a rinegoziare l’eventuale ricandidatura di un consigliere a presidente, su pressione del governo dopo un parere negativo già ricevuto. C’è un’antica espressione usata, un tempo, nei tribunali ecclesiastici romani: Roma locuta, causa finita. Quando si esprime il tribunale centrale, è inutile aprire altre discussioni... E poi c’è il famoso precedente del 2009 e del parere della Corte costituzionale».
Ovvero la revoca del consigliere Rai Angelo Maria Petroni da parte del ministro dell’economia, Tommaso Padoa Schioppa.
«Esatto. Petroni venne revocato nel marzo 2007 senza sentire il parere della Vigilanza. Il presidente della commissione, Mario Landolfi, impugnò la decisione con un conflitto di attribuzione: in quell’occasione fui il legale della commissione. La Corte costituzionale, nel febbraio 2009, annullò l’atto di revoca. Insomma, il caso è utile per ricordare che la Vigilanza è pienamente legittimata a tutelare le competenze parlamentari così come attribuite dalla Costituzione e dalla legge».