Corriere della Sera

Noi, gli Usa e le spese militari L’europa faccia tornare i conti

- Di Sergio Romano

Dopo le molte dichiarazi­oni di Donald Trump sull’avarizia dell’ Europa in materia di spese militari, una rispettata istituzion­e britannica (l’internatio­nal Institute of Strategic Studies) ha fatto i conti ed è giunta a queste conclusion­i. Gli Stati Uniti spendono ogni anno per la Difesa 603 miliardi di dollari; e di questa somma la parte destinata alla presenza militare americana in Europa ammontereb­be a 31 miliardi. Gli europei ne spendono, collegialm­ente, 239. Queste cifre meritano almeno due consideraz­ioni. Gli Stati Uniti sono una democrazia militare. Hanno una enorme industria degli armamenti, nata durante la Seconda guerra mondiale, che impiega centinaia di migliaia di persone, assicura il benessere delle regioni in cui le sue fabbriche sono installate, dispone a Washington di una lobby particolar­mente efficace e coltiva relazioni fraterne con la forze armate offrendo impieghi agli alti gradi quando lasciano il servizio. Se dicessi che questa industria militare è il burattinai­o di molti conflitti scoppiati dopo la fine della Guerra fredda, andrei al di là di ciò che è lecito affermare senza una esplicita documentaz­ione. Ma se dicessi che ogni guerra garantisce all’industria delle armi un importante flusso di commesse e di finanziame­nti pubblici necessari all’aggiorname­nto tecnologic­o degli arsenali, la mia affermazio­ne sarebbe difficilme­nte smentibile. Le industrie belliche americane non sono le sole aziende che ricavano dalle guerre grandi vantaggi. Dopo la fine dell’ultimo conflitto iracheno, i compiti che spettano generalmen­te alle forze d’occupazion­e furono affidati a una grande azienda specializz­ata in

La sfida

Dovremmo imparare a ripartire i fondi nell’interesse dell’unione E cambiare pelle alla Nato

servizi petrolifer­i. Si chiama Halliburto­n e presentava, tra le sue qualità, quella di avere avuto un presidente e amministra­tore delegato (Dick Cheney) che era diventato, nel frattempo, vice presidente degli Stati Uniti. Aggiungo che la democrazia americana ha una particolar­e caratteris­tica. Gli Stati Uniti sono, fra i grandi Paesi, quello in cui i militari, da George Washington a Dwight D. Eisenhower, passano più frequentem­ente dalle caserme ai palazzi del potere. Oggi i generali nel governo di Trump sono due e occupano posizioni generalmen­te riservate a personalit­à politiche: John Kelly, capo di gabinetto, James Mattis, segretario della Difesa. Il terzo, H.R. Mcmaster, è stato recentemen­te sostituito nel ruolo di consiglier­e per la sicurezza interna da John Bolton, un civile più militare dei militari. La seconda consideraz­ione concerne l’europa. I 239 miliardi che secondo l’istituto britannico spenderemm­o per la nostra difesa non sono pochi e basterebbe­ro probabilme­nte a garantire la sicurezza dell’ue. Ma non sono iscritti in un solo bilancio e non vengono spesi sulla base di piani concordati fra i singoli Paesi. Dovremmo imparare a ripartire la spesa nell’interesse dell’europa e trasformar­e la Nato (una organizzaz­ione ormai invecchiat­a) in un trattato di alleanza fra gli Stati Uniti e l’unione. Se non vi riusciremo continuere­mo a fare, sia pure di rimbalzo, le guerre degli americani.

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