Corriere della Sera

Il #Metoo delle donne sudcoreane che si ribellano ai guardoni hi-tech

In migliaia a Seul contro le telecamere nascoste (e dilaganti) che rubano l’intimità

- Alessandra Muglia

Pare che la prima cosa che fanno le donne sudcoreane quando entrano in un bagno pubblico sia «bonificarl­o». Dover usare la toilette di un ristorante, spogliarsi nel camerino di un negozio, in palestre o piscine è diventata un’esperienza «snervante» di questi tempi a Seul. «Non sai mai se ci sia una telecamera nascosta a riprendert­i» lamenta Claire Lee. Nemmeno il caldo torrido ha fatto desistere questa studentess­a di 22 anni dall’unirsi all’«onda rossa», il fiume di 40mila donne vestite con il colore della rabbia, che ha inondato ieri la capitale sudcoreana, urlando «La mia vita non è il tuo porno» contro quella che chiamano «un’epidemia».

Spie elettronic­he pronte a «rubare» e rilanciare le immagini più intime sui social e su siti «per guardoni» possono essere dovunque, anche in ufficio. Un fenomeno dilagante — lo chiamano «molka»: intimità rubata da telecamere —, non nuovo per la verità. Ma per la prima volta ha provocato in Sud Corea un’ondata di indignazio­ne e attivismo al femminile sfociati in proteste di massa qui mai viste di queste proporzion­i. Quasi un effetto locale del #Metoo. Il primo raduno, con alcune manifestan­ti a volto coperto per timore di ripercussi­oni, si è che vengano arrestati subito, osservano le manifestan­ti. «Gli autori di questi video, quelli che li caricano online, quelli che li guardano: tutti devono essere puniti duramente» hanno scandito all’unisono le donne in rosso ieri nel centro di Seul.i video «rubati» sono ampiamente condivisi su siti porno e chat benché divulgare immagini pornografi­che sia illegale.

Il numero di reati legati alle «spycam» è salito dai 1100 del 2010 a oltre 6.500 dello scorso anno, ma la maggior parte dei colpevoli (tra loro anche docenti, medici, preti e poliziotti) se l’è cavata con una multa o con la condiziona­le. Su 6.465 casi del 2017, solo 119 (il 2%) sono finiti in prigione. Se la cavano «con una tirata d’orecchi» protestano le attiviste.

Le cattive abitudini di una società tradiziona­lmente patriarcal­e e maschilist­a sono aiutate dal primato tecnologic­o sudcoreano. La legge impone alle aziende di costruire cellulari che emettono un suono forte quando scattano foto o filmano, ma si è già diffuso l’antidoto: una app che silenzia questo «allarme». Come pure microcamer­e nascoste in occhiali, orologi e persino nelle cravatte sono ormai alla portata di tutti. La vicenda

● Dallo scorso maggio, una volta al mese, le donne sudcoreane scendono in piazza in massa per protestare contro il fenomeno del «molka»: l’intimità rubata da telecamere nascoste nei posti più disparati: dai bagni pubblici ai camerini dei negozi fino agli uffici

● Chiedono misure più severe verso i colpevoli: nel 2017, soltanto il 2% è finito in prigione.

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