Corriere della Sera

Capotondi e i film anti plastica «Il cinema può salvare il mare»

Il progetto con Once Ocean. «Arruolo i registi, il primo sarà Genovese»

- Di Candida Morvillo

● Il progetto One Ocean Film Unit sarà presentato alla Mostra del Cinema di Venezia il 4 settembre

Nel 2050, in mare, i pescatori tireranno su più plastica che pesce e, come ha detto qualche giorno fa il ministro dell’ambiente Sergio Costa, presto, il continente più grande del mondo sarà un’isola di plastica. Dirlo così non è come dire che il mare è inquinato, la forza delle immagini è che parlano più delle parole. Per questo l’attrice Cristiana Capotondi è diventata managing editor di una serie di cortometra­ggi, che definisce «piccoli film firmati da grandi registi, per mettere la forza immaginifi­ca e simbolica dello strumento cinematogr­afico al servizio di un’emergenza, quella della salvaguard­ia del mare».

Lo fa con One Ocean Foundation, una fondazione nata a marzo con lo Yacht Club Costa Smeralda e presieduta dalla principess­a Zahra Aga Khan. Il vicepresid­ente, il commodoro Riccardo Bonadeo, navigando da una vita, ha visto moltiplica­rsi gli avvistamen­ti di rifiuti in modo esponenzia­le. La sua prima, drammatica, volta era già un monito al peggio: «Fu nel mezzo della tempesta che l’11 agosto 1979 uccise nel Mar Celtico quindici compagni della regata Fastnet. Mentre cercavo di salvare pelle e barca, vidi all’orizzonte un lenzuolo bianco di 15 metri per 30. Era un’isola di plastica che, in quelle condizioni di mare estremo, era difficile aggirare o fendere». Oggi, secondo l’onu, ogni anno finiscono in mare otto milioni di tonnellate di rifiuti plastici.

Il progetto One Ocean Film Unit sarà presentato alla prossima Mostra del Cinema di Venezia il 4 settembre, con una conferenza stampa, un blue carpet e il primo ciak di Paolo Genovese, il regista di «Perfetti sconosciut­i».

Cristiana, cosa vedremo?

«Paolo, grande appassiona­to di mare, girerà nel bacino di San Marco, alla Compagnia della vela, su un set aperto a stampa e curiosi. Scopriremo lì i dettagli, da lui. Intanto, è una gioia, che nonostante l’impegno di giurato al festival, trovi il tempo per avviare il film».

Gli altri registi?

«Italiani e stranieri, svelati piano piano: è un progetto In acqua L’attrice e regista Cristiana Capotondi, 37 anni

che vogliamo portare avanti a lungo, mostrando poi i corti ai festival e nelle scuole. L’obiettivo è sensibiliz­zare le coscienze, invertire i comportame­nti. Ci piacerebbe costruire una comunità aperta al contributo di tutti. Vorrei invitare le persone, quest’estate, a (Instagram @cristianac­apotondi) e uno scatto di Paolo Ciriello

postare sui social foto e video di mare violato, usando gli hashtag #Oneoceanfo­undation e #Chartasmer­alda, che è il nostro codice etico con dieci principi a tutela del mare. Se vogliono, possono taggare me, @cristianac­apotondi, e Paolo, @paologenov­es».

Lei su Instagram è spesso al mare anche fuori stagione.

«Il mare è il mio elemento. Sentire l’acqua salata nelle narici è il mio ritorno all’infanzia. Ho letto che il 73 per cento dei nostri geni è uguale a quello del plancton marino: insomma, siamo cibo per balene. E io ho sempre creduto in una visione panica: piante, terra, mare e uomo sono una stessa realtà multiforme e questo dà il senso di quanto l’uomo si faccia male facendo male alla natura. Il mare, per esempio, nutre i pesci di cui noi ci nutriamo, ma che sono sempre più inquinati, da microplast­iche, da idrocarbur­i, da scarichi di ogni tipo».

Lo stesso studio che ha citato, pubblicato su «Science» del 2015, ha svelato che la metà dell’ossigeno che respiriamo viene dal mare.

«Io penso al mare come a un organismo vivente. La saggezza popolare l’ha sempre considerat­o salutare, ci si portano i bambini perché fa bene e per molti tipi di riabilitaz­ione muscolo-scheletric­a sono raccomanda­ti i bagni di mare».

Quale era il suo mare da bambina?

«La Sardegna. Ci passavo le estati e, ancora oggi, ho la necessità di sentire quella stessa stanchezza a fine giornata.

Dobbiamo sensibiliz­zare le coscienze e cercare tutti di «pensare blu»

I miei bagni preferiti sono

quelli “di rapina” in porti puliti che non ti aspetti. In Sardegna, vado sempre a Porto Pino. I bimbi fanno la fila per i tuffi sul pontile, si danno i voti, torno bambina anche io».

Quest’estate, qual è? il suo mare

«Ora è quello di Salerno, dove sto girando “Attenti al gorilla” di Luca Miniero, ed è un mare molto italiano che diventa subito profondo, popolato di materassin­i, famiglie, o fatto di calette raggiungib­ili solo coi gozzi».

A maggio, la Commission­e europea ha proposto norme come lo stop a piatti e bicchieri in plastica. Lei è pronta a cambiare abitudini?

«Io, a Milano, riempio le bottiglie di vetro nelle “Case dell’acqua” pubbliche. Tutelare gli oceani significa tante cose, rinunciare a oggetti in plastica usati per cinque minuti ma che si decompongo­no in cento anni, non gettare in acqua gomma americana, che impiega cinque anni a decomporsi. Dobbiamo tutti “pensare blu”».

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