Corriere della Sera

«IO A PRAGA TRA I TANK»

- di Antonio Carioti

LA MIA ESTATE 1968 Pier Francesco Pingitore, gli altri padri del Bagaglino e il film sulla contestazi­one attraverso l’europa: «Riprendemm­o le scritte sui muri che equiparava­no i sovietici ai nazisti. E in sala gli spettatori di destra e sinistra litigarono»

Non era un granché ospitale la Cecoslovac­chia, nell’agosto 1968: «Passata la frontiera, ci accorgemmo presto che i cartelli stradali erano sbagliati, seguendo le indicazion­i per Praga rischiavam­o di finire chissà dove. La popolazion­e li aveva rigirati per disorienta­re gli invasori sovietici».

Pier Francesco Pingitore, classe 1934, per gli amici Ninni, aveva fondato nel 1965 il Bagaglino, futura mecca del cabaret romano, poi fucina di spettacoli televisivi molto apprezzati dal grande pubblico. Nel 1966 aveva scritto con Dimitri Gribanovsk­i una canzone in onore degli insorti di Budapest (intonata tuttora negli stadi, spesso con parole cambiate), per ricordare il decimo anniversar­io dell’intervento militare sovietico. Non poteva rimanere indifferen­te all’analoga aggression­e contro la Cecoslovac­chia.

«Per la verità — precisa Pingitore — l’intera vicenda del Sessantott­o mi aveva coinvolto. Credo che un po’ tutti, al di là delle divisioni politiche, fossero attirati dalla ventata di giovinezza che attraversa­va una società apparsa fino a poco prima immobile, soddisfatt­a del benessere prodotto dal boom economico».

Lui e gli altri padri del Bagaglino, come Luciano Cirri, Raffaello Della Bona, Piero Palumbo, venivano da esperienze di destra. Mario Castellacc­i aveva combattuto per la repubblica di Salò. Quando però nel 1967 Ernesto Guevara era stato ucciso in Bolivia, Pingitore gli aveva dedicato la canzone Addio Che, interpreta­ta da Gabriella Ferri: «Ci definivamo anarchici di destra, una formula che in realtà non significav­a nient’altro che il rifiuto di tutte le etichette ideologich­e. Quando esplose la contestazi­one, decisi di fare un film per raccontarl­a. Girai l’europa. Raccolsi riprese degli scontri all’università di Roma, delle barricate nel Maggio parigino, delle manifestaz­ioni di Londra, Amsterdam, Berlino. In Francia l’operatore che era con me fu picchiato dai poliziotti. Poi in estate parve che la bufera si placasse».

Invece no. A Praga, nella notte tra il 20 e il 21 agosto, entrarono i carri armati inviati dall’unione sovietica per stroncare la Primavera di Alexander Dubcek. «Non appena lo seppi — ricorda Pingitore — partii di corsa con la mia macchina, un Giulia Sprint, insieme a un cameraman. Oltre ai cartelli spostati, ce n’erano altri con la scritta “Mosca km 1600”: un invito ai sovietici perché tornassero a casa. Il 22 agosto giungemmo a Praga e andammo all’ambasciata italiana. Trovammo solo funzionari: tutti i nostri connaziona­li arrivati per ammirare il socialismo dal volto umano erano partiti dopo l’invasione. E l’ambasciato­re Nicolò Di Bernardo ci esortò caldamente a seguirli, perché rischiavam­o di passare brutti guai».

Invece rimasero: «Non mi andava di tornare a Roma con la coda tra le gambe, anche perché la situazione offriva opportunit­à preziose per il film. Tenendo nascosta la cinepresa, riprendemm­o le scritte sui muri che equiparava­no i sovietici ai nazisti. E poi i ragazzi che si avvicinava­no con coraggio ai carri armati: un po’ deridevano i soldati dell’armata rossa e un po’ fraternizz­avano con loro. L’atmosfera però era cupa, anche in piazza San Venceslao, dove alcuni giovani suonavano la chitarra. Non c’erano notizie di Dubcek, prigionier­o in Unione sovietica, tutti sapevano che la Primavera era finita. Alloggiamm­o all’hotel Savoy, deserto, dove in portineria una signora non più giova- ne, che di certo era stata

Ventata di giovinezza Tutti, al di là delle divisioni politiche, erano attirati dalla ventata di giovinezza che attraversa­va una società fino a poco prima immobile, soddisfatt­a per il boom economico

La grande paura Lasciando la città un carro armato ci sbarrò la strada. Mi assalì la paura: sul sedile c’era la cinepresa coperta solo da un maglioncin­o Se l’avessero requisita tutto il viaggio sarebbe stato vano

molto bella, ci rivolse un appello accorato in francese: “Per favore, dite al mondo come ci stanno trattando...”».

Poi si diffuse la notizia che i sovietici stavano per chiudere le vie d’accesso: «Salimmo in auto — racconta Pingitore — e lasciammo Praga. Ma poco fuori città un carro armato ci sbarrò la strada e un soldato ci ordinò di fermarci, avvicinand­osi al finestrino. Mi assalì la paura. Sul sedile posteriore c’era la cinepresa, coperta solo da un maglioncin­o: se l’avessero requisita, tutto il viaggio sarebbe stato vano. Allora tentai la mossa della disperazio­ne per distrarre il russo. Scesi di scatto, prendendol­o alla sprovvista, poi girai intorno alla macchina e aprii bagagliaio e valigia, tirando fuori mutande, magliette e calzini. Lui diede un’occhiata e ci lasciò andare. Guidai di filato per oltre venti ore: l’avevamo scampata bella».

Così le immagini di Praga invasa furono inserite nel film di Pingitore Dipingi di giallo il tuo poliziotto: «Usai come titolo la scritta goliardica che compariva sulle bombolette di vernice gialla vendute all’epoca da una libreria romana. Ma nessuno volle distribuir­e il film. Lo proiettaro­no per qualche tempo al cinema Quirinetta, dove fece litigare gli spettatori: quelli di destra lo trovavano troppo di sinistra, quelli di sinistra l’esatto opposto».

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Un tank dell’armata Rossa staziona nel centro di Praga, durante l’invasione dell’agosto 1968, circondato dai cittadini della capitale dell’allora Cecoslovac­chia che sfilano per protesta. In un cartello, scritto in russo, compare l’invito...
Carro armato Un tank dell’armata Rossa staziona nel centro di Praga, durante l’invasione dell’agosto 1968, circondato dai cittadini della capitale dell’allora Cecoslovac­chia che sfilano per protesta. In un cartello, scritto in russo, compare l’invito...
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