Corriere della Sera

Le nomine pubbliche e il passo indietro sulle quote di genere

- Lella Golfo Presidente Fondazione Marisa Bellisario

C aro Direttore, mi consenta una breve riflession­e sulla débâcle femminile senza precedenti cui stiamo assistendo negli ultimi mesi. Mi limito a mettere in fila quanto è avvenuto. Nelle scorse settimane le Assemblee parlamenta­ri sono state chiamate a eleggere un Giudice della Corte costituzio­nale e i componenti laici degli organi di amministra­zione autonoma delle magistratu­re ordinaria e speciali. Oltre al Consiglio Superiore della Magistratu­ra (CSM), anche il Consiglio di Presidenza della Giustizia amministra­tiva, quello della Giustizia tributaria e della Corte dei conti: per 21 posizione disponibil­i, sono stati eletti 21 uomini, in spregio all’art. 51 della Costituzio­ne che proclama l’uguaglianz­a di donne e uomini nell’accesso agli uffici pubblici. Stesso spregio, stavolta di una legge dello Stato, in due Regioni, in Calabria, dove si combatte da anni un’aspra battaglia per introdurre la preferenza di genere (battaglia non superflua visto che nel consiglio regionale calabrese c’è una sola donna su 31 componenti) e in Sicilia dove invece un emendament­o vuole sopprimere quella preferenza. Stesso clamoroso passo indietro nei rinnovi delle controllat­e pubbliche. Nel CDA Rai, solo due donne su sette componenti e per i ruoli apicali e una ridda di candidati uomini, nonostante i trascorsi femminili e positivi di Letizia Moratti, Lucia Annunziata, Anna Maria Tarantola e Monica Maggioni alla presidenza. Anche la guida di Ferrovie torna indietro, levando la presidenza alla brava Gioia Ghezzi e nominando amministra­tore delegato e presidente uomini. Nel nuovo CDA di Cassa Depositi e Prestiti, appena tre donne, il minimo sindacale per rispettare la mia legge sulle quote di genere e, ovviamente, ruoli apicali saldamente in mano a uomini. E mentre le scrivo sono in ballo le nomine in Gse e Sogei, per le quali si ventilano ovviamente candidatur­e maschili. Senza contare la modifica della legge elettorale per le europee con il listino bloccato ma di donne non si parla… Lascio a lei le conclusion­i. Personalme­nte, mi sembra evidente che stiamo assistendo a un gigantesco e preoccupan­te passo indietro. La mia legge sulle quote di genere ha non solo introdotto una grande rivoluzion­e nei board delle società quotate e partecipat­e (siamo arrivati a quota 34% di donne!) ma aveva portato un vento di vero cambiament­o nella cultura e nella prassi del Paese. Oggi, il “Governo del cambiament­o” sta facendo piazza pulita di tutti gli innegabili progressi raggiunti e ha ingranato una decisa retromarci­a. A pagare il conto, però, non saranno solo le donne ma l’economia, la politica, il Paese. La parità non è tanto e non solo una questione di equità ma di crescita e democrazia. E un’italia con un bisogno disperato di crescere, un Paese che oggi più che mai deve dare al mondo e all’europa segnali di progresso politico ed economico, si sta privando del contributo della metà della sua classe dirigente solo perché donna e sta offrendo un gran brutto spettacolo in termini di diritti. Concludo con un consiglio ai nostri governanti: non sottovalut­ate la nuova consapevol­ezza femminile. Le donne non staranno a guardare, non si faranno scippare diritti conquistat­i a fatica e con merito. Non aspettiamo che si alzino le barricate, non provochiam­o un muro contro muro ma usiamo il buonsenso per tornare ad avanzare verso la parità e la meritocraz­ia.

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