Corriere della Sera

«Improvvisa­i la scena culto di Sally»

Meg Ryan a Locarno: «Il futuro sono i telefonini, ma qui funziona ancora il cinema in piazza»

- Maurizio Porro

Meg Ryan a 360 gradi: dopo aver vinto il Leopard Club Award (ma non in piazza dove tuonava e pioveva) ieri si è concessa un bagno di folla, vestita in bianco lungo, da novizia maliziosa conscia della fama di fidanzata d’america e regina di romantic comedy: «Quando girai In the cut un giornalist­a inglese mi insultò, forse dovevo chiedergli il permesso di uscire dallo stereotipo e tradire i sogni».

Compiuti i 56, Meg ha gli zigomi un po’ in 3D ma punta tutto sulla simpatia: «Sono stata a lungo una profession­ista dei provini». «Non ho fatto scuole». «In Top Gun avevo due scene: in una Tony Scott mi disse che dovevo essere felice, nell’altra triste. Stop». «All’inizio George Cukor in Ricche e famose lo chiamavo Cucco e mi diceva: non recitare, sii te stessa ed aveva ragione perché la tecnica è la base ma bisogna metterla da parte sul set». Attrice di chiara e languida fama sentimenta­le, regista, produttric­e (una serie alla NBC), si è svezzata col cinema classico Usa, le scappano i nomi di Katharine Hepburn Diva

Meg Ryan, 56 anni, è attrice e produttric­e. Al festival di Locarno ha ricevuto il Leopard Club Award e Cary Grant, ma il primo film visto era su un naufragio.

Poi il miracolo: «Tutti mi chiedono la scena di Harry, ti presento Sally in cui discuto di orgasmo, ma lo script diceva solo di parlarne, io invece mi sono rovinata da sola, ho voluto anche farlo sentire: così imbarazzo generale, ma alla fine scena cult». Con In the cut fece un passo avanti: «Io e Mark Ruffalo eravamo i meno preoccupat­i, Jane Campion era nervosa e ci portava libri di sesso mai aperti». E poi, film di tutte donne, il remake di Women di Cukor: «Penso sia meglio coinvolger­e i due sessi, mescolarli; non esigo solo donne ma credo giusto raccontare con lente femminile». Il suo partner amico divertente, spiritoso e curioso di vita è Tom Hanks con cui ha diviso molti palpiti e telefonate: «Insonnia d’amore ci vede alla fine insieme sull’empire State Building e non fu facile ottenere il permesso, solo sei ore. Il luogo è diventato meta di pellegrina­ggi». Perché la stessa scena nel ‘57 fu il the end di Un amore splendido di Mccarey e prima della Vergine sotto il tetto di Preminger. Meg è generosa con gli amici: «Nora Ephron ha scritto storie magiche perché amava incontrare gente e le sue cene erano come film». È geniale quando descrive l’arte della commedia: «Come portare in giro un palloncino in un mondo pieno di spilli». Moglie divisa di Dennis Quaid e madre orgogliosa, è convinta che i ruoli a volte aiutino anche nella vita, come quando recitò un’alcolizzat­a in Amarsi con Andy Garcia, «film terapeutic­o, catartico, che aumentò l’empatia per i miei problemi familiari». Scusi, la solita profezia: il futuro del cinema? «Un’amica vede i film sul telefonino ma io qui vedo piazza Grande stracolma e non la dimentiche­rò». ● Questa sera la proiezione in piazza Grande a Locarno è dedicata a «Blackkklan­sm an» del regista Spike Lee (nella foto). Vincitore del Gran Premio della Giuria all’ultimo festival di Cannes, il film racconta la storia di un detective afroameric­ano che negli anni Settanta si infiltra nel Ku Klux Klan

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