GLI INTERESSI ITALIANI TRASCURATI
Per l’europa e dunque per l’italia (i cui interessi nazionali coincidono in gran parte con quelli dell’europa, anche se qualche «sovranista» potrebbe averlo dimenticato), la doccia scozzese nei rapporti Trump-putin è un autentico disastro.
Noi italiani e noi europei, prima di dichiararci sostenitori o avversari della Russia come di questi tempi va tanto di moda, dovremmo badare a non appiattirci sulle formule già pronte dei partiti o dei governi: la politica del Cremlino è troppo complessa per meritare una assoluzione globale o una condanna senza appello. Piuttosto, dovremmo separare interessi nazionali da promuovere e minacce esterne da respingere, dovremmo saper distinguere ciò che può migliorare la nostra sicurezza e le «guerre ibride» (fake news, uso aggressivo del web, infiltrazioni di hacker) che invece la insidiano. Il Corriere ha rivelato nei giorni scorsi come la Russia sia attiva su quest’ultimo fronte anche in Italia, ma mentre è sacrosanto tenere alta la guardia a difesa delle nostre istituzioni democratiche, è altrettanto legittimo chiedersi che fine facciano gli interessi che proprio coinvolgendo la Russia e l’america dovremmo perseguire.
Non si tratta di poca cosa. Il primo dossier riguarda i mai dimenticati euromissili, che furono dislocati in Europa (l’italia ospitò i Cruise nella base siciliana di Comiso) all’apice della Guerra fredda.
Fino a quando, nel 1987, il trattato Inf vietò sia da parte occidentale sia da parte sovietica i vettori con raggio tra i 500 e i 5.500 chilometri, cancellando in tal modo l’intera categoria. Ebbene, cosa accade oggi tra Washington e Mosca? Accade che ognuna delle due parti accusa l’altra di aver violato l’accordo dell’87 producendo o addirittura schierando (i russi a Kaliningrad, secondo gli Usa) missili vietati con capacità nucleare e con gittata inferiore ai 5.500 chilometri. Il pericolo più che concreto è che, se Stati Uniti e Russia non riapriranno un dialogo costruttivo su questo tema, il suolo europeo, e in base ai precedenti e alla geografia, con ogni probabilità il suolo italiano, debbano tornare a vedersela con ordigni anche nucleari ben più micidiali di quelli proibiti nel 1987. E un rifiuto di ospitarli non risolverebbe, avrebbe un prezzo nei rapporti con gli Usa e non eliminerebbe la minaccia dei nuovi missili russi ormai privi di restrizioni. Un simile scenario va bloccato subito, perché tra poco sarà troppo tardi.
La seconda priorità è quella ucraina. Se ne parla poco, ma una guerra che dal 2014 ha già fatto più di diecimila morti è in corso nel cuore dell’europa, tra Est e Ovest. Gli accordi patrocinati da francesi e tedeschi a Minsk non funzionano, per colpa di Kiev oltre che di Mosca. L’annessione ovviamente non reversibile della Crimea da parte di Putin tende a bloccare qualsiasi progresso. Eppure, con o senza una forza di interposizione dell’onu, soltanto un dialogo diretto tra Usa e Russia può convincere il Cremlino e costringere Kiev a cambiare rotta e a scegliere davvero la via delle pacifiche autonomie locali. Creando, così, nuove condizioni che potrebbero portare anche al superamento delle sanzioni economiche.
Quelle stesse sanzioni che il ministro Salvini vuole abolire entro la fine dell’anno: traguardo assai difficile da raggiungere, senza il supporto di una evoluzione positiva sul terreno.
Che si tratti di missili o di economia, un dialogo serio tra Mosca e Washington ci serve e non rappresenta in alcun modo un cedimento davanti alle mire del Cremlino. Ma cosa facciamo, noi italiani, per affermare i nostri interessi, per metterli sul tavolo, per sostenerli? Il presidente del Consiglio Conte è appena stato a Washington da Trump, ha parlato molto di Mediterraneo e di Libia (beninteso anche queste sono priorità) ma non risultano accenni, nemmeno accenni, ai negoziati di disarmo o all’ucraina. E l’europa, che potrebbe allargare i due discorsi, si è per caso preoccupata di far sentire la sua urgenza sulle due questioni al di là dei sempre uguali e inutili discorsi? E la Nato, che si è fatta maltrattare
da Trump durante il recente viaggio in Europa, gli ha per caso fatto presente che almeno i soci europei vorrebbero una effettiva ripresa dei negoziati sul disarmo a cominciare dal rispetto del trattato Inf per arrivare anche al rinnovo di cinque anni del Nuovo Start (missili intercontinentali) che scade nel 2021? La realtà è che con l’eccezione di formule diplomatiche già rivelatesi vuote ai tempi di Obama ( il «primato» in Libia, o la «cabina di regia») né l’italia, né la Ue o i suoi governi nazionali, né la Nato hanno detto quel che dovrebbero dire a gran voce al presidente degli Stati Uniti e naturalmente anche al capo del Cremlino (Giuseppe Conte sarà suo ospite il 24 ottobre prossimo) .
La questione è tanto più grave perché coincide con il clamoroso boomerang del vertice di Helsinki del 16 luglio scorso, quando Trump ritenne di esaltare la credibilità di Putin a scapito di quella dei suoi collaboratori. Tornato a Washington, il presidente ha dovuto fare una precipitosa marcia indietro, un secondo vertice russo-americano è stato rinviato, e ora il Congresso prepara per ripicca nuove sanzioni antirusse. Il clima che doveva rasserenarsi tra le due potenze atomiche si è invece infuocato, e la vicinanza delle elezioni congressuali di novembre non aiuta. Eppure i nostri interessi dobbiamo riuscire se non a imporli almeno ad affermarli, tanto più mentre tanto si parla di sovranismo. In segreto (almeno per ora) Trump potrebbe essere in questo nostro alleato. Dopotutto le cose con la Corea del Nord non vanno bene, con l’iran sono ferme, invece intese significative con Putin (a patto di non ripetere la sceneggiata di Helsinki) arriverebbero giusto in tempo per le elezioni presidenziali del 2020. Ma non è davvero esaltante dover sperare nelle manovre altrui per farci sentire.