Corriere della Sera

Alla scoperta del genoma di tutti i neonati

Lo studio per crearla in Lombardia, poi una consultazi­one pubblica

- di Anna Meldolesi

Analizzare il dna dei neonati (sequenziar­e il genoma) per anticipare le cure del futuro. Una questione anche etica, la nuova sfida della Lombardia.

La questione non è se avverrà ma quando, e soprattutt­o come. Sequenziar­e il genoma dei neonati è uno dei traguardi naturali della medicina genomica e la Lombardia non vuole arrivare impreparat­a. Ai nastri di partenza c’è un progetto multidisci­plinare destinato a sfociare, entro la fine dell’anno prossimo, in una consultazi­one pubblica su opportunit­à e rischi della frontiera degli screening neonatali. Le opinioni dei cittadini lombardi contribuir­anno a orientare le scelte dell’amministra­zione, insieme alle analisi degli addetti ai lavori.

La locomotiva biotech del Paese, insomma, si candida anche al ruolo di avanguardi­a nel campo dell’elaborazio­ne di politiche per la ricerca responsabi­le e la democrazia partecipat­iva.

«Siamo in assoluto la prima Regione in Italia che si appresta a questo genere di studio, per cui nel triennio 20182020 metteremo a disposizio­ne risorse fino a 4 milioni di euro», ha annunciato Fabrizio Sala, assessore alla ricerca e vicepresid­ente della Regione. «Stiamo valutando, insieme agli esperti del nostro Foro Internazio­nale per la Ricerca, gli impatti scientific­i, clinici, sociali ed etici di questo approccio altamente innovativo, da cui si potrebbero affacciare nuove opzioni di diagnosi, prevenzion­e e terapie. Un tema delicato, che merita attenzione», aggiunge Sala.

Oggi i bebè vengono testati gratuitame­nte per un numero limitato di malattie, come fenilcheto­nuria e ipotiroidi­smo, con una piccola puntura sul tallone. La caduta dei costi per il sequenziam­ento dell’intero genoma, però, spinge a chiedersi se non sia giunto il momento di ampliare l’offerta del Sistema sanitario nazionale, per sfruttare tutte le nuove conoscenze su difetti genetici e reazioni individual­i.

«Ad esempio ci sono enzimi detti CYP che influenzan­o il metabolism­o del 7% dei farmaci nel corpo umano, ma i medici curanti non possono tenerne conto per personaliz­zare le dosi, perché questi dati non sono compresi nelle cartelle cliniche», ci spiega Francesco Lescai, che insegna genomica umana e bioinforma­tica all’università di Aarhus in Danimarca ed è uno dei dieci esperti reclutati nel Foro che selezioner­à i progetti da finanziare.

La Danimarca sostiene ricerche avanzate nel campo dei test genetici, con una biobanca che conserva il sangue di quasi la metà dei suoi abitanti. Altri Paesi come Gran Bretagna e Islanda si sono cimentati in grandi progetti di genomica delle popolazion­i. Ma il sequenziam­ento di routine del Dna dei nuovi nati è un’opzione che nessuno ha ancora messo in pratica. «Questo passo della Lombardia verso il futuro è importante per avviare una discussion­e informata e trasparent­e», dice la psicologa sociale Agnes Allansdott­ir, islandese di origine e toscana di adozione, anche lei membro del Foro.

Le domande a cui si cercherà di rispondere sono tante. Va sequenziat­o l’intero genoma o bastano estese regioni? I soldi risparmiat­i con diagnosi precoci e prevenzion­e ripagheran­no le spese per il sequenziam­ento? A chi appartiene l’insieme dei dati genomici? Come comunicare alle famiglie la natura probabilis­tica del rischio genetico di ammalarsi, senza alimentare ansie? Quali misure di privacy vanno garantite per evitare abusi e discrimina­zioni, escludendo scenari alla «Gattaca»?

Per avere un dibattito pubblico informato, e poi passare eventualme­nte all’azione, sarà necessario uno sforzo di alfabetizz­azione genetica della cittadinan­za e persino dei medici. La consultazi­one, comunque, non va interpreta­ta come un’opera di persuasion­e. «La domanda deve essere aperta, può sfociare anche nell’opzione zero», ci dice Angela Simone, esperta di «public engagement» della Fondazione Bassetti.

Questo significa che i cittadini che saranno interpella­ti, con modalità ancora da definire, potranno restringer­e e anche respingere in blocco l’opzione, e la Regione dovrà tenerne conto.

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