Corriere della Sera

Pensioni, congelato il taglio per gli assegni oltre i 4 mila euro

Il ddl annunciato a giugno da Di Maio non si è ancora visto. I paletti di Tria

- Lorenzo Salvia

Il primo annuncio era arrivato il 23 giugno: «Vogliamo finalmente abolire le pensioni d’oro che per legge avranno un tetto di 4/5 mila euro», aveva detto il vicepremie­r Luigi Di Maio, aggiungend­o che «quest’estate, per i nababbi a carico dello Stato, sarà diversa». Aveva rilanciato a inizio luglio, dicendo che il disegno di legge era ormai pronto e di «puntare all’ok prima dell’estate». Poi ne aveva parlato più volte nei giorni del taglio per i vitalizi dei deputati, come «prossimo passo» da fare prima possibile. Siamo ormai vicini a Ferragosto, a ridosso della pausa per i lavori parlamenta­ri, ma dell’intervento per tagliare le pensioni più alte si sono perse le tracce.

È vero che la proposta viene citata nel contratto di governo tra Movimento 5 Stelle e Lega, dove in realtà si indica una soglia più alta, 5 mila euro. È un fatto che in queste settimane il Parlamento è stato impegnato sul decreto Dignità e poi sul Milleproro­ghe, che andando convertiti in legge entro 60 giorni, hanno per forza una corsia preferenzi­ale. Ma sulle pensioni, almeno per il momento, il governo ha alzato il piede dall’accelerato­re. E il rallentame­nto ha una spiegazion­e politica. Anzi, due.

La prima è che il ministro dell’economia, Giovanni Tria, ha suggerito ai due partiti di governo, Lega e Movimento 5 Stelle, di non farsi concorrenz­a a suon di annunci sul terreno economico. Non sempre è stato ascoltato, come dimostra lo scontro in atto sulle grandi opere. Ma sulla previdenza il punto si farà con la legge di Bilancio da presentare dopo l’estate: tirare la coperta adesso finirebbe solo per fare confusione. Della manovra, in realtà, si sta già discutendo. Anche se dopo il primo incontro di venerdì scorso il ministro dell’economia ha citato la flat tax, in quota Lega, e il reddito di cittadinan­za, in quota 5 Stelle, da avviare per gradi e compatibil­mente con gli equilibri di bilancio. Le pensioni non sono state citate, né per l’intervento sugli assegni sopra i 4 mila euro né per la cosiddetta quota 100, cioè la possibilit­à di lasciare il lavoro quando a far 100 è la somma tra età anagrafica e anni di contributi versati. Questo non vuol dire che il capitolo pensioni resterà fuori dalla manovra: anche qui si tratterà di avviare un percorso, ma formalizza­re adesso la proposta di uno dei due alleati complicher­ebbe un equilibrio già difficile.

Il secondo motivo del rallentame­nto è ancora più politico. L’intervento sulle pensioni sopra i 4 mila euro è una proposta del Movimento 5 Stelle. Alla Lega non è mai piaciuta. Alberto Brambilla, consulente del Carroccio in tema previdenzi­ale e possibile successore di Tito Boeri all’inps quando a febbraio scadrà il suo mandato, lo ha criticato duramente parlando di «clima da Rivoluzion­e francese». E ha lancianto una proposta alternativ­a, in realtà già praticata in passato: quella di un contributo di solidariet­à temporaneo a carico delle pensioni più alte. Per questo anche la Lega, che ha già dovuto digerire la stretta sui contratti a termine voluta da Di Maio e criticata da buona parte del proprio elettorato, ha chiesto agli alleati di aspettare la legge di Bilancio.

L’idea alla quale hanno lavorato i tecnici di Di Maio prevede il ricalcolo con il sistema contributi­vo solo della quota dell’assegno che supera i 4 mila euro netti. Secondo i calcoli della Fondazione Tabula, le persone coinvolte sarebbero circa 100 mila con un taglio medio tra il 10 e il 12%. Il risparmio netto, fino a 600 milioni di euro, sarebbe destinato alle pensioni più basse.

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