«Non dimenticherò mai lo sguardo di Pietro Maso I matti? Geniali, li amo»
Lo psichiatra: io spettinato da sempre, papà mi sgridava
P di Roberta Scorranese rofessor Andreoli, perché voleva più bene al papà che alla mamma?
«È stato lui il mio punto di riferimento. So che è ingiusto nei confronti di mamma, ma nella mia casa di campagna, al muro, c’è un solo ritratto, quello di papà. Si affacci, guardi quei ponti: è stato lui, dopo la guerra, a dirigerne la ricostruzione».
Finestra trilobata, prezioso Quattrocento veneziano: se ci si affaccia da questo palazzo nel cuore di Verona si scorge almeno il Ponte delle navi, che Luigi, il padre di Vittorino Andreoli, un costruttore edile, fece rimettere in piedi — come altre zone della città devastata dalle bombe. E non fu facile per il giovane Vittorino, un giorno, andare da lui e dirgli: «Mi dispiace ma io non prenderò il tuo posto nell’azienda, non farò case: voglio curare i malati di mente».
Come reagì?
«In quel momento seppe che la sua impresa sarebbe morta con lui, quindi fu un colpo. Però mi comprese e mi sostenne sempre».
Settantotto anni, una vita dedicata alla psichiatria e allo studio del cervello altrui. Oggi si sente più sereno o più preoccupato?
«Molto preoccupato. Ci sono segni evidenti di un declino della nostra civiltà e io non so immaginarmi in una civiltà diversa».
Dove vede una regressione della specie?
«Per esempio nella distruttività: io ho fatto appena in tempo a vivere la Seconda guerra mondiale e per decenni sono stato convinto che avessimo imparato che cosa vogliono dire i conflitti. Ma ci sono altri segnali: io e lei in questo momento stiamo utilizzando un vocabolario di un centinaio di parole. Bene, tenga conto che nelle conversazioni correnti se ne usa la metà. Poco alla volta perdiamo la memoria semantica, così come stiamo perdendo quella numerica, che abbiamo affidato agli smartphone: dai conteggi al calcolo per ritrovare la strada di casa. Ne parlo nel mio nuovo libro che uscirà a breve, e che ho voluto intitolare per questo Homo Stupidus Stupidus, poiché in sincerità non penso che possiamo più fregiarci della definizione Sapiens Sapiens».