In pista con Tortu verso l’europeo
GIUSSANO «Fili non fare il movimento monco: poi ti fa male quando vai a correre!». Piove, governo ladro. Le ripetute al campo di Giussano rimangono imprigionate nel cellulare di Salvino Tortu, di professione papà-coach («Ho la memoria intasata ma riguardare i video è importante: nell’assetto di corsa le caratteristiche di Filippo vanno esaltate, non mortificate»), mentre ci trasferiamo dal tartan alla palestra. L’europeo di Berlino, secondo obiettivo stagionale dopo il bang che ha rotto il muro del suono e del ricordo di Mennea (9”99 nei 100, Madrid 22-6-2018), è qui: domani Wonder Boy, tra i primi 12 delle liste stagionali, debutta in semifinale sul rettilineo dell’olympiastadion di Berlino. Là dove Jesse Owens zittì l’olimpiade di Hitler nel ‘36, Filippo Tortu vuole lasciare a bocca aperta il cronometro: «Non vedo l’ora di correre». Buon segno quando è elettrico con i fili scoperti ma non lo dà a vedere.
C’è Salvino, che Filippo chiama «Piai». Come Magnum? «No, no, è che da bambino si esprimeva così. D’altronde cosa vuoi dire a un cialtrone che nel giorno del suo ventesimo compleanno si è allenato con la camicia hawaiana...?» ride il coach traboccante d’amore paterno. Scherza ma, intanto, della sessione pesi del prospetto più interessante dell’atletica italiana non si perde un sospiro. C’è Flavio Di Giorgio, ex rugbista, giovanissimo preparatore laureato in scienze motorie in Galles, una montagna di muscoli dal sorriso dolce che un giorno si presentò al campo: «Buongiorno, posso seguire l’allenamento?». Salvino annuì: «Non se n’è più andato. Condividiamo la stessa filosofia: ora è un elemento insostituibile del team». E poi arriva Giacomo, fratello di Filippo, che si occupa di marketing, sponsor e affetti famigliari: è lui il primo che Tortu junior ha stritolato in un abbraccio dopo aver riscritto, trentanove anni più tardi, il