Corriere della Sera

«A Berlino per un nuovo record»

La speranza di medaglia nei 100 tra ripetute, scherzi, sfide di addominali e piadine

- Gaia Piccardi

record italiano dei 100. Si lavora, sodo, senza mai perdere il gusto per la battuta. «Abbiamo bisogno di aumentare la frequenza di scarico delle fibre nervose con esercizi di forza esplosiva — spiega Salvino —. Dopo il 9”99 Filippo era vuoto emotivamen­te: fare il primato in italia non è come farlo negli Usa». Ecco il perché del ritiro tra il centro sportivo delle Fiamme Gialle a Castel Porziano e il campo della Fidal a Ostia: per sfuggire al caldo, alle pressioni e alle telefonate. Unica eccezione: l’incontro con Giorgetti a Palazzo Chigi, rigorosame­nte in divisa da finanziere.

Plank svedese, ginnastica isometrica, bilanciere quanto basta. «I centesimi di secondo si guadagnano con la cura dei dettagli — racconta il coach — ma la tecnica di base deve essere perfetta: dallo stacco delle mani da terra sui blocchi al traguardo. Filippo ha un’intelligen­za motoria incredibil­e, una percezione sottile del suo corpo: gli dici una cosa, tipo di variare di due gradi l’angolo delle braccia, e la memorizza. Lo scopo quest’anno è incrementa­re la forza del 1520% (alla sua età, potremmo anche salire del 50%) però non voglio esagerare». Il francese Lemaitre, che a Berlino non ci sarà per infortunio, nel 2011 correva i 100 sotto i 10” (9”92) e i 200 sotto i 20” (19”80): coach Carraz l’ha fatto aumentare di 9 kg di muscoli e la macchina perfetta si è imballata. «La mia paura è che un incremento troppo importante della forza di Filippo possa essere deleterio» spiega Padre e figlio Filippo Tortu con il padre Salvino, ex velocista, che lo allena al campo di Giussano (Foto Colombo) Salvino. Ecco la politica dei piccoli passi («Un mattoncino alla volta, il tutto e subito non ci interessa: a Tokio 2020 avrà solo 22 anni, piuttosto dovrà essere all’apice della sua curva di crescita a Parigi 2024»), la saggezza di sfilarlo dai 200 al meeting di Montecarlo e pure a Berlino. Inutile strafare, farsi ingolosire da gare, borse, interviste e denaro. Filippo è un raro cucciolo di sprinter da gestire con intelligen­za. Il metodo-tortu — un misto tra modernità, sorrisi e oculatezza che poco ha a che vedere con la talebana abnegazion­e della coppia Mennea-vittori —, alla fine, è questo.

Scatta una sfida di addominali tra Filippo e Flavio. Roba da marines. Vince (Flavio) chi riesce a fare una flessione battendo le mani davanti al petto, dietro la schiena e poi di nuovo davanti. Gli otto anni di differenza tra preparator­e e allievo si traducono in un rapporto tra fratelloni o quasi. Flavio: «Filippo non alza pesi folli, massimo 135 kg nello squat, però li alza veloci. È alto 1,87 per 75 kg. La potenza elastica è la sua caratteris­tica. La cosa che gli viene più naturale? Imparare un gesto. Col cibo è bravo, si regola da solo. Il sistema nervoso funziona a ripetizion­i, e noi alleniamo quelle. In pista non si riflette, si fa». Salvino conferma: «Quando corre, non pensa che sta correndo: per lui è un’azione automatica».

Dopo elastici, bilancieri, squat, la piadina è più che meritata. «Vado a Berlino per fare il mio personale» annuncia Wonder Boy con la bocca piena. Ha appena finito di leggere «La versione di K» di Francesco Cossiga («Una figura che mi ha sempre interessat­o»), in Germania si è portato il libro che gli ha consigliat­o il mito Livio Berruti: «Il caso e la necessità» di Jacques Monod. Non è un caso, infatti, che l’italia dell’atletica abbia necessità di Filippo Tortu.

Il consiglio di Berruti A Berlino con il libro suggerito dall’oro di Roma, l’interesse per l’ex presidente Cossiga

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