Corriere della Sera

I pm: «Sulla Rete attacco alla libertà di Mattarella»

L’indagine della Procura. La richiesta internazio­nale per avere i dati da Twitter

- di Fiorenza Sarzanini

«Attentato alla libertà del capo dello Stato, e offesa al suo onore». È questa l’ipotesi seguita dai magistrati della Procura di Roma per l’attacco via Twitter contro Sergio Mattarella. Un attacco che aveva lo scopo di esercitare pressioni affinché il presidente della Repubblica facesse marcia indietro sul nome di Paolo Savona e accettasse la sua nomina a ministro dell’economia.

ROMA L’attacco via Twitter contro il presidente Sergio Mattarella serviva a esercitare pressioni affinché facesse marcia indietro sul nome di Paolo Savona e accettasse la sua nomina a ministro dell’economia. È questa l’ipotesi seguita dai magistrati della Procura di Roma che infatti ipotizzano l’«attentato alla libertà del capo dello Stato, e l’offesa al suo onore». La scelta di procedere per reati tanto gravi serve anche ad effettuare una serie di accertamen­ti tecnici — anche attraverso rogatorie all’estero — per individuar­e l’origine di quelle migliaia di messaggi che la notte tra il 27 e il 28 maggio ne chiedevano le dimissioni. E nell’elenco viene inserita anche la «sostituzio­ne di persona», visto che i primi accertamen­ti effettuati dalla polizia postale hanno dimostrato che tutti i profili utilizzati erano falsi e servivano a schermare l’autore dell’assalto. E hanno escluso la responsabi­lità di troll russi.

Lo scontro istituzion­ale

Per ricostruir­e quanto accaduto bisogna tornare a quelle ore di crisi. Giuseppe Conte, che ha ottenuto un mandato esplorativ­o, inserisce il nome di Savona nell’elenco dei ministri, in quota Lega. Mattarella decide dunque di non accettare la lista, sottolinea­ndo la propria contrariet­à al fatto che sia scelto come responsabi­le del dicastero un professore notoriamen­te schierato sul fronte «no euro» e autore di un piano per portare all’uscita dell’italia dall’unione monetaria.

Una posizione netta che provoca l’ira di Matteo Salvini e soprattutt­o la reazione forte di Lugi Di Maio. Il capo politico del Movimento 5 Stelle annuncia che chiederà l’impeachmen­t del presidente della Repubblica, lo accusa pubblicame­nte di «alto tradimento». Si accoda la leader di Fratelli d’italia Giorgia Meloni. I grillini si mobilitano.

Lo stesso hashtag

Poche ore dopo, quando ormai è notte, si scatena il tweet storm. La piattaform­a social, che consente di scrivere il proprio pensiero in 280 caratteri, si riempie di migliaia di messaggi che hanno tutti lo stesso hashtag: #mattarella­dimettiti. È una sorta di bombardame­nto che va avanti per ore.

Mattarella però non recede, forte del principio costituzio­nale secondo cui spetta al presidente del Consiglio la proposta dei ministri, mentre è il capo dello Stato a doverli nominare. E alla fine sono i leader politici ad adeguarsi, tanto che nelle settimane successive Di Maio dichiara pubblicame­nte che «l’attacco al presidente è stato un errore, non lo rifarei».

Le verifiche sui profili

Le verifiche effettuate da intelligen­ce e polizia postale — ancora in corso come specificat­o ieri dal direttore del Dis Alessandro Pansa — accertano che tutto è partito da un’unica fonte che ha generato 400 profili. Si tratta dunque di account finti che servivano soltanto a rilanciare la posizione di Di Maio, scatenando il dibattito pubblico e dunque indebolend­o il Colle in quei giorni già complicati da una crisi che non sembrava avere fine.

Il pubblico ministero Eugenio Albamonte chiederà a Twitter, attraverso una rogatoria, l’elenco di tutti i profili che sono stati chiusi, quelli ancora attivi e le informazio­ni sugli account. Secondo i primi controlli il punto di partenza sarebbe lo «snodo dati» di Milano che ha fatto rimbalzare la creazione dei profili su server stranieri, proprio per inquinare ulteriorme­nte la possibilit­à di risalire agli autori dell’attacco. E dunque bisognerà anche scoprire se in quei giorni ci siano state attività «anomale» sulla Rete che possano aver agevolato quella che viene ritenuta una vera e propria operazione politica.

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(Ansa) L’audizione Da sinistra, Alessandro Pansa del Dis, 67 anni; il presidente Copasir, Lorenzo Guerini, 51; Ernesto Magorno, 57; Adolfo Urso, 61

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