Corriere della Sera

Sala e la tentazione della discesa in campo per sfidare i gialloverd­i

Il peso dello «sgarbo» a Milano per i Giochi

- di Pierpaolo Lio

MILANO Il clic sarebbe scattato dopo i primissimi passi del «governo del cambiament­o». E il recente azzoppamen­to della corsa olimpica del capoluogo lombardo non avrebbe fatto altro che confermare i suoi timori: «Milano è un modello, non può essere un fortino assediato». Ormai quasi al giro di boa del suo mandato, Beppe Sala riflette sul futuro. Correre per la conferma a Palazzo Marino, o provare il grande salto sul palcosceni­co nazionale? Se ci si ferma alle dichiarazi­oni pubbliche — l’ultima, l’intervista di ieri a Libero — il refrain resta sempre lo stesso. «Ho la testa qui a Milano (...). Nel 2020 si vedrà». Eppure, tra chi lo conosce bene e chi ci lavora gomito a gomito, più d’uno giura che qualcosa negli ultimi tempi è cambiato. Nulla è deciso, sia chiaro. Ma nella sua testa, la tentazione di portare il contributo del centrosini­stra milanese nell’arena nazionale starebbe crescendo. Con la sua squadra, i riferiment­i alla campagna elettorale per un secondo giro da sindaco sarebbero stati ormai soppiantat­i da riflession­i sugli scenari futuri del Paese.

Nonostante la cautela nei giudizi, il nuovo corso pentaleghi­sta non convince affatto Sala. In particolar­e nella componente grillina. Che come ha detto ieri dimostrere­bbe ancora «un deficit di competenza» e di strategia. Senza contare che tutti i segnali lo portano a pensare che per motivi squisitame­nte politici non ci sia la volontà di valorizzar­e la Capitale del Nord: «sgarbi» come quello dei Giochi 2026 potrebbero ripetersi. Non è poi un caso che fin dal primo giorno Sala segnali che non gli sia mai arrivata una chiamata da Roma, o che pungoli di continuo al rispetto degli impegni economici previsti per opere considerat­e fondamenta­li come il prolungame­nto del metrò fuori dai confini cittadini.

Sala si starebbe convincend­o che senza un esecutivo «amico» (o comunque non ostile) la locomotiva-milano

La scelta

Il sindaco: «Ho la testa qui, si vedrà nel 2020» Ma crescono i suoi interventi «nazionali»

rischia di frenare. E un altro mandato a gestire le sfide di una metropoli complessa potrebbe essere poco incisivo, senza una sponda all’esterno. Prima però vuole vederci chiaro. Gli scenari sono ancora fluidi. Vuole attendere, il 2020 appunto, alla vigilia delle elezioni in città.

Intanto proseguono le sue incursioni nella politica nazionale. Solo un mese fa, a un evento antirazzis­ta si definì «l’anti Salvini». E spesso ha detto la sua sul Pd. È la parte di campo a cui Sala guarda: attende le evoluzioni al Nazareno, una possibile fase costituent­e nel partito e nel centrosini­stra. Lo scenario giusto per la sua alternativ­a al fronte sovranista: quel «modello Milano» capace di attrarre oltre i soliti schemi. «Parliamo a noi stessi, non allarghiam­o il consenso», è infatti la critica mossa ieri alla sinistra dalle pagine di Libero, giornale che parla a un altro popolo. Che ruolo avrà Sala, si vedrà. «Non è nelle sue corde fare il capopartit­o», chiarisce chi gli sta vicino, che ricorda: «Anche se la giacchetta da politico ormai se la sente comoda, lo spirito resta da civil servant».

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