Corriere della Sera

Il buio per 46 ore, poi le voci degli amici «Io salvato dai miei colleghi speleologi»

Udine, Stefano Guarniero bloccato a 200 metri di profondità: laggiù ho dormito molto

- dal nostro inviato Riccardo Bruno

Il momento più bello? «Sarebbe banale dire quando sono uscito fuori. No, sono stati tanti i momenti fantastici. Come quando vedi le luci che si avvicinano, senti le voci, le riconosci, sono i tuoi amici, quelli con cui ti addestri quattro-cinque volte all’anno, con cui hai condiviso tanti momenti importanti. E questa volta sono venuti per recuperare te. È una bella sensazione vedere la cavalleria che arriva...».

Stefano Guarniero, triestino, 33 anni, è uno speleologo giovane ed esperto. Fa parte del Soccorso alpino del Friuli Venezia Giulia dal 2007. Infermiere al polo cardiologi­co di Cattinara, tante volte si è calato sotto terra per salvare la vita di altri.

Sabato mattina è salito sul Monte Canin con altri tre compagni per esplorare nuove cavità. Sono scesi a 200 metri di profondità nella grotta chiamata «Frozen», neve e ghiaccio all’entrata, zero gradi all’interno. Alle due del pomeriggio ha ceduto la roccia dove aveva piantato un tassello di sicurezza. «Sono caduto per 15 metri. Sentivo male dappertutt­o, in particolar­e all’addome. Ho pensato al peggio».

Stefano invece è stato fortunato, qualche ammaccatur­a e una frattura esposta al gomito destro. I medici devono ancora decidere se operarlo, ma lui si guarda il braccio fasciato come se fosse un regalo. Sul letto del pronto soccorso dell’ospedale di Udine chiude gli occhi e sospira: «Mi è andata davvero bene. Grazie anche ai miei compagni, non mi hanno mai lasciato solo». Due sono subito andati a chiamare aiuto. «Balzarelli, 76 anni, il più giovane del gruppo — dice sorridendo — è rimasto con me fino a quando sono arrivati i primi soccorsi. È stato meraviglio­so, non ha mai smesso di parlarmi».

Per riportare fuori Stefano si è mobilitato un piccolo esercito arrivato da tutta Italia. Tre elicotteri, ventidue tecnici alpini, novantaqua­ttro tecnici speleologi, tra cui una squadra di «disostrutt­ori» per allargare i cunicoli anche con microcaric­he esplosive e far passare la barella. E sempre con loro un medico e un infermiere. «La mia amica Cristiana, marchigian­a, insieme a Matteo, di Parma. E prima di loro, Roberto e Roc. Quanti interventi abbiamo fatto insieme».

Come quattro anni fa in Germania, nell’abisso di Riesending, per recuperare uno speleologo che si era fatto male a mille metri di profondità, un’operazione che fece scuola per le capacità di intervento degli uomini del Soccorso alpino e speleologi­co del Friuli Venezia Giulia. «Rimasi giù con il ferito per ottanta ore — ricorda —. Mai avrei immaginato di trovarmi io in una situazione simile».

Stefano, «Giusto» per gli amici, sapeva bene cosa fare in questi casi e alla fine le 46 ore al freddo e al buio sono passate velocement­e. «Ho preso dei farmaci, ho dormito molto. Ho cercato di essere lucido, concentrar­mi e ragionare. Chi fa soccorso ha tanta voglia di aiutare chi è in difficoltà e sa bene che certe cose possono capitare anche a te. Tra di noi ci scherziamo su, ma quando ti trovi tu in queste situazioni è un po’ diverso».

Stefano è sposato, ha tre figli, una bambina di 10 anni, una di 5 e un maschietto di un anno. «Non gli hanno detto niente. Solo la grande sa che mi sono fatto male in una grotta, ma niente di più. Mia moglie? Anche lei è speleologa, non a questi livelli. Adesso vorrebbe bruciarmi tutta l’attrezzatu­ra...».

Lui però non è d’accordo. Spera di rimettersi presto in forma e di tornare ancora sul Canin, al confine con la Slovenia, a esplorare quel sistema di cunicoli che potrebbe nascondere la voragine più profonda d’europa. E aggiunge: «Spesso in questi anni con i compagni del Soccorso abbiamo pensato di organizzar­e delle esercitazi­oni, ipotizzand­o il recupero di un ferito in condizioni estreme. Diciamo che questa volta abbiamo fatto una signora simulazion­e. E ho già una lista di cose da aggiungere nei nostri zaini. A partire dai cuscini, devono essere molto più comodi».

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(Foto Fabio Liverani/ Photo Masi) SoccorsiQu­i sopra Stefano Guarniero, 33 anni, è portato in salvo dagli uomini del servizio Alpino e speleologi­co e dell’esercito. Sopra, a sinistra, Guarniero dopo essere sceso nel pozzo più profondo d’italia
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