Corriere della Sera

«Davvero gli immigrati rubano il lavoro?»

- Maria Dragoni, Bergamo

Estate, tempo di vacanze, ma anche tempo di lavoro per tanti, come per chi raccoglie i frutti della terra, ecco che allora capita d’imbattersi nei lavoratori stagionali assunti proprio per il raccolto: genti alle prese con le fragole in Alto Adige o impegnati nelle coltivazio­ni di mele, raccoglito­ri di tabacco in Umbria, di frutta della Romagna e di angurie più a sud. Perché scrivo? Perché sentire e leggere gli annunci relativi ai migranti che sottraggon­o lavoro stupisce e indigna. Non basta guardarsi intorno? Ma davvero gli italiani mettono in relazione chi piega la schiena nei campi e i nostri nipoti, amici o figli laureati che cercano soddisfazi­oni e possibilit­à di lavoro all’estero? Perché la politica suggerisce falsi ma facili rapporti causa-effetto invece di aiutare a fornire risposte ai problemi reali? I padri costituent­i, quando avevano pensato al ruolo dei politici, giustament­e ritenevano che dovesse essere ben retribuito e riconosciu­to perché è il lavoro più difficile e impegnativ­o di tutti e impone uno spirito di servizio che pochi sono in grado di assumersi. Compito della politica è agire perché tutti si possa vivere meglio: non è possibile farlo con proclami e accuse, perché questo non aiuta nessuno. I più giovani, e anche noi meno giovani, sogniamo un mondo in cui lavorare, viaggiare, scoprire, conoscere e incontrare gli altri, non un mondo di barriere fisiche o costruite su false idee.

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