Corriere della Sera

Perché ci salverà la filosofia

Julian Nida-rümelin teorizza un’etica della migrazione. Ma cosa intende per pensiero?

- di Emanuele Severino

Ci sono problemi che vanno risolti subito. Ad esempio se ci troviamo vicini a una persona che sta affogando. Ne sanno qualcosa le navi che tra Libia e Sicilia vedono centinaia di migranti in pericolo immediato di morte. Ma ancora più spaventosa è la sorte delle centinaia di milioni di esseri umani che rimangono nei Paesi poveri: sono i più deboli, ben lontani dal disporre dei duemila dollari per il viaggio verso l’europa. E molti di loro sono vicini alla morte, ora, per fame e malattie, tanto quanto lo sono coloro che si trovano su un barcone che sta affondando. L’opinione pubblica e i mass media prestano attenzione soprattutt­o alle vicende del primo di questi due gruppi, collegate come sono alle ripercussi­oni che hanno sulle società ricche e quindi sull’europa. Ma nella riflession­e culturale sul fenomeno della migrazione i problemi relativi al secondo gruppo sono già da tempo discussi. Notevole impulso a questa discussion­e è stato dato dall’economista Paul Collier con la pubblicazi­one del suo saggio Exodus, tradotto in Italia nel 2015 da Laterza. Anche le sofferenze del secondo gruppo andrebbero affrontate subito. La potenza raggiunta dalla tecnica consentire­bbe di eliminarle in gran parte (quasi cent’anni fa Keynes lo riteneva già fattibile), ma la gestione della tecnica da parte dei ricchi lo rende impossibil­e.

Sui problemi della migrazione — quindi anche su coloro che non possono andarsene dalle terre d’origine — si sofferma anche Julian Nida-rümelin nel suo Pensare oltre i confini. Un’etica della migrazione, del 2017 e pubblicato quest’anno in Italia da Francoange­li (a cura di Giovanni Battista Demarta, che dello stesso autore ha curato, per Francoange­li, Per un’economia umana, 2017). Ma, come appare dal titolo, diversa è l’impostazio­ne. Collier parla da economista, Rümelin da filosofo (insegna Filosofia e teoria della politica all’università di Monaco di Baviera). L’«etica» è infatti il modo in cui la filosofia si rivolge all’agire dell’uomo. Ma Rümelin è stato anche ministro della Cultura nel primo governo Schröder. Cooperazio­ne di efficienza capitalist­ica e di tutela del lavoro, cioè un’«economia umana», è a suo avviso il progetto che ha determinat­o l’affermazio­ne della Germania in Europa e che egli consiglia anche all’italia. All’intento di indicare i fondamenti filosofici di un’«economia umana» appartiene anche questa sua importante etica della migrazione.

Mi sembra che essa si proponga di chiarire in che misura la filosofia possa contribuir­e anche alla soluzione dei problemi che, come quello della migrazione, richiedono una risposta immediata. Questo proposito coinvolge un modo di concepire la filosofia, che tuttavia, per quanto attraversa­to da spunti originali, è sostanzial­mente allineato ai criteri con i quali la filosofia è oggi intesa nel mondo. In un tempo in cui l’economia e la tecno-scienza stanno al centro della scena mondiale l’importanza attribuita alla filosofia da un intellettu­ale e politico come Rümelin è interessan­te. Come interessan­ti sono le sue tesi che la democrazia non possa prescinder­e dalla «verità» e che l’etica debba tener conto del modo in cui essa è stata elaborata da Platone e da Aristotele. Ma il suo modo di intendere la filosofia e la «verità» è quello che gli è consentito dallo spirito del nostro tempo.

Egli sostiene, insieme a filosofi come Ronald Dworkin e Thomas Nagel, un «realismo etico» per il quale «ci sono ragioni buone e ragioni cattive, e ciò che è una buona ragione o una cattiva ragione non si risolve in ciò che volta per volta pensiamo e preferiamo (…). Io tento piuttosto di scoprire che cosa dovremmo fare, non ciò che comunement­e si ritiene che andrebbe fatto» (pagina 13). Le «ragioni buone» esistono; ma per lui, come per tutta la cultura dominante, la bontà delle ragioni non può essere la loro verità incontrove­rtibile; e ciò che dovremmo fare non discende da un principio indiscutib­ile.

Ma in che modo Rümelin stabilisce la preferibil­ità delle «ragioni buone»? Sembra a volte che per lui una «buona ragione» consista, contrariam­ente a quanto abbiamo sentito, in ciò che comunement­e si ritiene di dover fare. Scrive ad esempio (pagina 49): «Abbiano delle buone ragioni per prenderci cura delle nostre amiche e dei nostri amici, per accudire i nostri figli come genitori, per percepire una responsabi­lità nei confronti dei nostri allievi come insegnanti, e così via. Se una teoria etica è inconcilia­bile con tutto questo, allora è la teoria etica a fallire, non questa prassi diffusa nel mondo della vita». Ora, in questo passo, la «teoria etica» è la filosofia; ma «questa prassi» è, propriamen­te, l’insieme di regole a cui in vaste aree del globo l’uomo contempora­neo per lo più si è abituato ad adeguarsi (ma con eccezioni sempre più rilevanti); e il «mondo della vita» è quello che i Paesi ricchi sono riusciti a realizzare da due o tre secoli (se si va ancora più indietro, tale modo di vivere è sempre meno «diffuso»); e le «buone ragioni» che abbiamo per fare quel che facciamo sono l’insieme di preferenze che è stato adottato da questo tipo d’umanità prevalendo su altre forme di preferenza.

La filosofia deve avere quindi come fondamento, modello, pietra di paragone le convinzion­i di questa umanità e si riduce a essere una sistemazio­ne della «verità» costituita da tali convinzion­i; così come, in campo epistemolo­gico, oggi si ritiene per lo più che la «verità» sia il sapere scientific­o, che la filosofia debba essere al massimo una riflession­e su di esso e che con esso non possa mai essere inconcilia­bile. E come la filosofia non può essere qualcosa di inconcilia­bile con le convinzion­i delle società ricche del Nord del Pianeta, così non può trovarsi a essere inconcilia­bile con esse nemmeno quell’aspetto della filosofia che è l’«etica della migrazione». Anche in questo campo sono il buon senso e le «buone ragioni» di quelle società a dettar legge alla filosofia.

Secondo il leitmotiv della cultura filosofica oggi dominante anche Rümelin prende congedo dal senso originario della filosofia, sviluppato­si lungo l’intera tradizione dell’occidente: la filosofia come sapere incontrove­rtibile, e quindi come critica del mito, del senso comune, delle «buone ragioni», delle convinzion­i che di volta in volta i popoli hanno avuto. (Un congedo, osservo, che è sì inevitabil­e ma è anche estremamen­te più complesso di quanto ritengano e riescano a rendersi conto quasi tutti coloro che affermano di congedarsi). Rispetto all’idea di un sapere incontrove­rtibile, infatti, per quanto argomentat­e e coerenti tali convinzion­i sono pur sempre opinioni, abitudini, congetture, forme di fede. Certo, sono le opinioni che tutti noi, sembra, condividia­mo, ma «tutti noi» apparte-

I pilastri fondamenta­li L’autore cerca di dare risposte ai problemi immediati. Ma è speculando sulle grandi verità che si producono svolte durature

 ??  ?? JR (1983), Migrants, Mayra, Picnic across the border, quadricrom­ia, Tecate, Messico – Stati Uniti, 2018. In mostra a New York, Perrotin gallery, fino al 17 agosto (foto Ansa)
JR (1983), Migrants, Mayra, Picnic across the border, quadricrom­ia, Tecate, Messico – Stati Uniti, 2018. In mostra a New York, Perrotin gallery, fino al 17 agosto (foto Ansa)
 ??  ??
 ??  ?? Julian Nidarümeli­n, Pensare oltre i confini. Un’etica della migrazione(a cura di Giovanni Battista Demarta, Francoange­li, pp. 140, 16)
Julian Nidarümeli­n, Pensare oltre i confini. Un’etica della migrazione(a cura di Giovanni Battista Demarta, Francoange­li, pp. 140, 16)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy