Corriere della Sera

Un Leone per Vanessa

La diva inglese sarà celebrata alla Mostra: «Non siamo noi attori a fare tutto» Premio alla carriera per Redgrave: «Una vita senza rimorsi o rimpianti»

- Valerio Cappelli

Una leonessa a Venezia. Vanessa Redgrave è uno spirito libero. Una donna forte, vulnerabil­e, coraggiosa, pacata nei modi, ruvida nella sostanza, poco flessibile. Sarà lei, 81 anni, nata in una celebre famiglia di attori (il Clan Redgrave, lo chiamavano) a ricevere il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del cinema. Cominciamo dai ricordi?

«Ne ho tanti, nel 1994 vinsi la Coppa Volpi con Little Odessa di James Gray. Una ventina di anni prima ci capitò, a me e a Franco Nero, La vacanza di Tinto Brass, girato tutto nel Veneto, dove recitai con molta forza di volontà, io inglese, in dialetto veneziano. Ci portarono a visitare un manicomio dove tante donne venivano buttate senza pietà: giovani, più anziane, c’era chi doveva nascondere una figlia che lo Stato cattolico non voleva che nascesse, chi era finita lì dopo essere stata licenziata per essere andata in vacanza con la famiglia. Tinto Brass era un po’ anarchico e ne fece un lavoro sperimenta­le. In Veneto poi ho girato Un tranquillo posto di campagna di Elio Petri, uno dei più grandi registi che l’italia abbia avuto, e lo devo dire io, che sono straniera, visto che voi l’avete dimenticat­o». Il Leone alla carriera spinge a tirare le somme.

«Vi dico subito che non ho né rimpianti né rimorsi. Ho lavorato con grandi registi, non importa se per un ruolo grande o piccolo. In Giulia avevo 6 minuti, non mi sembra un brutto film (due donne sullo sfondo della Seconda guerra mondiale, lei vinse l’oscar come migliore attrice non protagonis­ta, ndr). Fred Zinnemann il regista aveva tecnici bravissimi. Non siamo solo noi attori a fare il cinema: siamo parte di un tutto. Io ammiro chi ama il cinema e non le celebrità. Non vorrei

mai seguire le mode, la parola vanità non ha alcun significat­o per me».

Lei è stata Maria Stuarda regina di Scozia. Quale viene fuori dai tanti film sulla corona inglese?

«Se mi parla della corona, il mio ricordo più vivido va al principe Carlo che due anni fa, per il centenario della Somme, l’offensiva degli anglo-francesi nella Prima guerra mondiale per sfondare le linee tedesche, nei luoghi della battaglia recitò con grande profondità di spirito insieme con mia figlia Joely Richardson». Quando la chiamano Vanessa la pasionaria…

«Io non faccio politica, ma parlo di diritti umani. Pochi giorni fa presentand­o Sea Sorrow-il dolore del mare, il mio documentar­io sulla condizione dei profughi, ho detto che in Europa è stata violata la Convenzion­e Onu del 1951 sullo stato dei rifugiati. Ho avuto uno shock di rabbia per questa profonda ingiustizi­a, e farò tutto ciò che è nelle mie possibilit­à per denunciare questa vicenda senza fine: è il mio tributo a chi cerca aiuto. Nei prossimi anni l’europa spenderà tanti soldi non per integrare e proteggere i migranti, ma per respingerl­i. Spero che nascerà un movimento per portare l’italia davanti alla Corte internazio­nale, ma il problema riguarda anche noi in Inghilterr­a».

Per il regista Paolo Taviani, in Italia c’è un rischio di fascismo.

«Purtroppo non sono in molti che la pensano come lui. Ma il cambiament­o è anche nelle persone, quasi antropolog­ico. Ieri per strada un vecchio col bastone sulle strisce pedonali ha imprecato contro l’auto che lo stava mettendo sotto, e l’automobili­sta l’ha insultato. Io credo che questo sia il segno di tante cose. Vedo tanta aggressivi­tà brutale». Come se ne esce?

«Io sono una cittadina. Esistono diritti umani, diritti sociali. Per fortuna ci sono ancora deputati che hanno a cuore la giustizia in ogni partito, ma quasi mai un governo rappresent­a davvero un popolo. Bisogna occuparsi dei bisogni della gente. La mia generazion­e ha fatto molto, ma ha fallito. In Italia dopo il fascismo avete promulgato leggi che non permetteva­no il ritorno a quell’epoca. Eppure guardate quello che stiamo vivendo, e così negli Stati Uniti. La rinascita deve venire dall’educazione. Devo trasmetter­e quello che, grazie ai miei genitori, ho imparato».

Ammiro chi ama il cinema e non le celebrità Non vorrei mai seguire le mode, la parola vanità non ha alcun significat­o per me

Ho lavorato con Elio Petri, uno dei più grandi autori che abbiate avuto, e lo devo dire io, straniera, visto che voi l’avete dimenticat­o

Non faccio politica, ma parlo di diritti umani: sui migranti l’italia deve essere portata davanti alla Corte internazio­nale

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Blow-up L’attrice diretta da Antonioni nel film del 1966
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La vacanza Con il marito Franco Nero, regia di Tinto Brass (1971)
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Giulia Nel 1978 è stata premiata con l’oscar per il film di Zinnemann

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